Tra Carlo Calenda e Clemente Mastella volano gli stracci. A scatenare la lite, culminata in una querela annunciata dal sindaco di Benevento, è stato il post su X del leader di Azione in cui, rispondendo a un messaggio di Emma Bonino, ha scritto: “Per Azione non ha alcun senso fare una lista e dire ‘il giorno dopo ognuno andrà per la sua strada’. Non ha alcun senso fare una lista che include movimenti che andranno in gruppi politici europei diversi. Non ha alcun senso portarsi dietro, sia pure per interposta persona, Cuffaro, Cesaro e Mastella. La cultura della mafia è l’opposto dei valori europei. Non ha alcun senso candidare in UE – mentre combattiamo contro le influenze straniere nei processi democratici europei – chi è pagato da dittatori stranieri”.
Mastella risponde a Calenda
Parole che non sono andate giù a Mastella che, con un post su Facebook, ha prontamente affermato di aver “dato mandato di querelare Carlo Calenda. Questo pariolino viziato che gioca a fare il bulletto mediatico non può permettersi di associare il mio nome e la mia storia politica alla mafia. Mentre lui giocava a fare il figlio di mammà, io ho combattuto senza sconti la criminalità organizzata, da Ministro della Giustizia. Calenda non capisce nulla di politica, ma non pensavo fosse pure un maestro di maleducato e diffamante dileggio. Ci vedremo in tribunale”.
Mastella è un fiume in piena e aggiunge: “Se Calenda studiasse al posto di fare l’odiatore social, saprebbe che da cattolico sono stato fautore e diretto protagonista di storiche battaglie care alla cultura radicale. Recependo la lezione di Giovanni Paolo II, sono stato da Guardasigilli il promotore dell’ultimo indulto che sia stato portato a termine in Italia. Lo annunciai a Regina Coeli il 2 giugno del 2006, nel carcere dove anche De Gasperi era stato recluso, con accanto la figlia Maria Romana, per sottolineare la connessione tra laicità solidale e cattolicesimo caritatevole. E alla condizione delle carceri io e mia moglie abbiamo sempre dedicato attenzione ed energie, come sempre hanno fatto in verità i Radicali”.
E ancora: “Renzi ha miracolato il pariolino con cariche importanti come quella di Ambasciatore e Ministro sottraendolo dall’anonimato cui era destinato. Calenda ha ripagato Renzi con perfidia e ingratitudine. Per me resta il ragazzotto cui affidavo le mie segnalazioni per il Cis di Nola: disse che mi avrebbe querelato ma non lo fece, perché è la verità. Stavolta non basterà l’intercessione di un avvocato comune amico che mi chiese con insistenza di ritirare la querela, ho il dovere di portarla avanti e non arretreró di un millimetro per rispetto alla mia famiglia, alla mia etica e ai miei elettori”, conclude Mastella che sfida Calenda: “Se ha il coraggio rinunci all’immunità parlamentare”.
Calenda spiega che si tratta di un malinteso
Pronta la replica di Calenda che, attraverso fonti interne ad Azione, precisa come sia tutto un malinteso. “È del tutto evidente che il riferimento alla cultura mafiosa è fatto nei confronti della condanna di Totò Cuffaro”.
“In questo senso non ci sono dubbi come riportato nelle motivazioni della sentenza della corte di Cassazione, dove i giudici dichiaravano provato, scrivono, ‘l’accordo politico-mafioso tra il capo mandamento Giuseppe Guttadauro e l’uomo politico Salvatore Cuffaro, e la consapevolezza di quest’ultimo di agevolare l’associazione mafiosa, inserendo nella lista elettorale per le elezioni siciliane del 2001 persone gradite ai boss e rivelando, in più occasioni, a personaggi mafiosi l’esistenza di indagini in corso nei loro confronti’. Per quanto riguarda Mastella, certamente un politico molto distante dai valori di Azione, mai lo si è definito mafioso”.