Il totonomi per il Quirinale? “Nella drammatica situazione in cui versa il Paese è un comportamento da irresponsabili”, taglia corto il senatore M5S, Primo Di Nicola. Auspicando che gli attori protagonisti di questa delicata fase – il presidente della Repubblica Mattarella e il presidente del Consiglio da lui indicato, Draghi – non siano tirati per la giacchetta.
“Questo Governo è frutto dello sforzo fatto dal presidente Mattarella per dare al Paese un esecutivo che affrontasse l’emergenze. Il Governo ha lavorato ma il lavoro non è finito. C’è da completare la campagna vaccinale e dare corso al Pnrr per assicurare all’Italia le ingenti risorse che l’Europa ci ha messo a disposizione. Chi sta giocando sui prossimi assetti quirinalizi rischia di compromettere questo lavoro. Che per essere completato richiede stabilità”.
Assicurata da Draghi a Palazzo Chigi?
“Ciascuno farà le scelte che riterrà opportune. Nessuno meglio del presidente del Consiglio Draghi conosce le necessità politiche e gli assetti istituzionali per portare a compimento con successo questo percorso”.
Si parla di una possibile riconferma “a termine” di Mattarella al Colle e di una staffetta con Draghi al termine della legislatura. Una forzatura istituzionale?
“Il discorso è estremamente delicato. Non serve forzare il presidente del Consiglio e tantomeno il presidente della Repubblica. Ma se il Parlamento unitariamente dovesse invocare la rielezione di Mattarella e il capo dello Stato fosse disponibile, personalmente non ci vedrei niente di male. Men che meno un attentato alla Costituzione. Anche perché sia la rielezione di Giorgio Napolitano sia le emergenze che non hanno precedenti nella storia repubblicana, giustificherebbero una tale soluzione in nome di quella stabilità tanto necessaria. Ripeto: senza che alcuno interferisca magari per calcoli elettorali”.
Draghi al Colle uguale elezioni anticipate, Draghi premier uguale legislatura a scadenza naturale. Le fila?
“Guardi, è ormai chiaro a tutti che chi spinge per Draghi al Quirinale, oltre a destabilizzare il quadro politico, sta facendo un favore alle destre che in questo modo potrebbero avere la strada spianata per il voto anticipato”.
Insomma, lei spinge per un Mattarella bis con Draghi premier fino al 2023?
“Mi limito ad osservare che un presidente della Repubblica diverso da Mattarella aprirebbe anche una questione inedita. Draghi ha avuto un’investitura dall’attuale capo dello Stato. Che succederebbe se dovesse essere eletto un presidente della Repubblica con dubbi su questo percorso e non disposto a rinnovargli il mandato? Oltretutto con il rischio di riaprire un contenzioso con l’Ue se il nuovo inquilino del Colle fosse espressione della vocazione sovranista del tandem Meloni-Salvini”.
E se sbarrando la strada per il Colle a Draghi la si spianasse a Berlusconi?
“In democrazia può succedere di tutto, ma questa spero proprio di non vederla. Il punto vero però è che, con i partiti incapaci di dare un Governo al Paese, come capitato all’inizio di quest’anno, siamo dinanzi ad una vera e propria crisi di sistema della quale bisogna prendere atto: il Paese sta andando avanti con modalità che in certi casi solo lontanamente somigliano a quelli della Repubblica parlamentare delineata dalla Costituzione”.
In altre parole il semipresidenzialismo de facto evocato da Giorgetti?
“Non ho capito bene cosa intendesse dire davvero il ministro Giorgetti. Ma è pur vero che se per uscire dall’ingovernabilità il presidente della Repubblica è stato costretto ad indicare direttamente in Draghi il nome del presidente del Consiglio, è chiaro che siamo in un sistema che di fatto somiglia molto al semipresidenzialismo alla francese. Una novità di cui bisogna prendere atto”.
Una novità, però, fuori dai confini della Costituzione non le pare?
“Come si diceva una volta, qui le forze di produzione hanno superato gli argini degli assetti legali che le governano. Insomma, per fare un governo a causa della crisi dei partiti è stata necessaria l’entrata in campo di un soggetto, il Quirinale, che Costituzione alla mano avrebbe dovuto invece continuare a fare l’arbitro vigilando sul rispetto delle regole. Ecco, è proprio di questa situazione che bisogna prendere atto. In un quadro di democrazia parlamentare non si giustifica l’idea di Giorgetti di mandare al Quirinale un presidente del Consiglio autorizzandolo ad andare oltre i poteri e le prerogative che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica”.
E come se ne esce?
“Se si vuole un presidente della Repubblica con poteri diversi bisogna cambiare le regole”.
A cominciare dalla forma di governo?
“Se si vuole qualcosa di diverso allora c’è una sola cosa da fare. Trasformare questa coda di legislatura in un processo costituente che non può però essere affidato al Parlamento in carica con tutta la sua frammentazione e i partiti in crisi”.
E allora a chi?
“Ad un’Assemblea costituente eletta per un tempo definito di 6/12 mesi che si dedichi esclusivamente, fuori dalle polemiche correnti e gli interessi di parte, a modificare quantomeno la legge elettorale e l’architettura costituzionale”.