Proprio nel giorno in cui le opposizioni hanno chiesto la resa dei conti con il governatore Attilio Fontana, una nuova emergenza Covid torna a spaventare la Lombardia. Si tratta del focolaio scoperto all’interno di una rsa (residenza sanitaria assistenziale, ndr) lombarda, la casa di riposo Quarenghi che si trova nell’omonima via alla periferia nord-ovest di Milano, dove sono risultati positivi 21 anziani e un operatore sanitario. Una brutta storia scoperta quasi per caso perché a presentare i sintomi è stato soltanto uno degli ospiti, individuato dal personale della struttura, poi risultato infetto dal test del tampone. Così, come da protocollo di sicurezza, sono scattati i test ai 123 residenti della casa per anziani e al personale con i casi di positività che sono stati immediatamente isolati. Stando a quanto trapela, dei 21 anziani positivi, la metà sono già stati ricoverati in ospedale nei reparti Covid mentre gli altri, tutti in buone condizioni di salute, sono in attesa che si liberino posti.
ALZARE LA GUARDIA. L’operatore contagiato, invece, è stato messo a riposo. “La situazione”, assicurano dalla cooperativa Coopselios che gestisce la struttura, “è gestita e monitorata quotidianamente dal personale sanitario e socio-assistenzale dell’ente gestore nel rispetto delle procedure e dei protocolli in essere”. Una storia che oltre a riportare alla mente l’incubo che si è consumato nelle rsa lombarde, sorprende perché è avvenuta in una struttura ritenuta particolarmente sicura. A spiegarlo è Vittorio Demicheli, direttore sanitario dell’Ats di Milano, che ieri ha spiegato come questo caso, il primo nel post lockdown, è “una spia d’allarme” perché è di fatto un primo episodio post lockdown e perché quella colpita è una “casa di riposo con un buon curriculum” e che “non è stata colpita dalla prima ondata”.
Anzi la struttura, come emerge in queste ore, dal punto di vista procedurale e dei protocolli ha sempre passato tutti gli esami. Insomma un rebus per il quale il manager sostiene, a differenza di quanto sostengano i negazionisti, che il Covid-19 è più vivo che mai e che riesce a circolare e “a fare breccia” perfino nelle strutture considerate a basso rischio, come il Quarenghi. Proprio per questo sono state subito effettuate le verifiche ispettive per cercare di capire cosa sia realmente accaduto e come si sia potuto alimentare questo focolaio. Quel che è certo è che il caso della rsa milanese, come sottolineano gli esperti, fortunatamente presenta anche “un’anomalia positiva” in quanto nessuno degli anziani “è in condizioni severe, molti sono asintomatici, e i casi sono stati scoperti con il tracciamento”.
LA STRAGE DI ANZIANI. Un caso che, seppur al momento non desta particolare preoccupazione, potrebbe presto finire all’attenzione della Procura di Milano. Subito dopo la notizia dei contagi al Quarenghi, infatti, il Codacons ha annunciato un esposto in quanto “la situazione sarà anche sotto controllo ma è comunque doveroso approfondire la vicenda, semmai, anche tramite ispezioni e sequestri delle cartelle cliniche dei pazienti”. Del resto la ferita causata dal Covid alla Lombardia è ancora dolorosa tanto che all’interno delle rsa, nella fase più acuta della pandemia, si è consumata quella che è ormai nota come una strage di anziani. Stando ai dati dell’Agenzia per la tutela della salute di Milano, nei primi quattro mesi del 2020 la mortalità all’interno delle 162 strutture dell’Ats è stata del 22 per cento, circa 2,5 volte di più rispetto agli anni precedenti.
Fatti che, come noto, hanno scatenato una tempesta perfetta sul Pirellone con il governatore Fontana e il suo fedele assessore al Welfare, Giulio Gallera (nella foto), finiti nel mirino per una cattiva gestione dell’emergenza e in particolare per la delibera che, nel pieno della crisi sanitaria, ha permesso di trasferire malati covid di bassa entità dagli ospedali alle residenze sanitarie assistenziali. Spostamenti a rischio che per la Regione sono stati “solo 147, in 15 strutture” ma che per i pm sono stati molti di più tanto che, in base ai documenti sequestrati durante le indagini, sono stati 7.500. Di questi quasi 5mila, carte alla mano, sono risultati pazienti covid a basso rischio mentre i restanti figurano come negativi. Peccato che tra quest’ultimi, secondo i pm, figurerebbero anche persone a cui non è stato effettuato il secondo tampone per confermare la fine della malattia.