«Vi sosterremo, saremo al vostro fianco lungo il percorso per entrare nell’Unione, apprezziamo la vostra tenacia, ora sta a voi avanzare con le riforme necessarie». Questa la sintesi del discorso della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen in videocollegamento col parlamento ucraino questo venerdì.
Von der Leyen ha anche ripetuto che l’obiettivo dell’Ue è la «vittoria dell’Ucraina», senza mezzi termini. Sulla piega che sta prendendo il quadro internazionale (anche dopo le parole belligeranti della NATO) ne abbiamo parlato con Tomaso Montanari, storico dell’arte, accademico e saggista italiano, rettore dell’Università per stranieri di Siena.
Professor Montanari, cosa pensa delle ultime dichiarazioni della presidente della Commissione europea?
È la solita retorica di guerra, invece della pace si vuole la vittoria. Ma pace e vittoria non sono sinonimi e volere la vittoria è una condanna per gli ucraini. Mi chiedo come non si possa distinguere tra governo e popolo: per il popolo arrivare fino alla sconfitta dei russi non è una buona cosa. L’ha detto bene Caracciolo: così è una “guerra fino all’ultimo ucraino”. Bisognerebbe distinguere tra l’interesse dei governi e quello dei popoli. Ci sarebbe l’interesse del popolo, ovvero una pace più veloce possibile poiché ogni giorno perdiamo vite ucraine (e russe, che non valgono meno). Invece vige questa posizione bellicista, guerrafondaia, direi quasi sanguinaria che è il contrario dello spirito europeo che sancisce come la persona umana sia un valore. Dall’altra parte si continua a abbaiare alle porte della Russia (come ha detto il Papa) e, poiché anche il trattato europeo prevede una clausola di difesa, la Russia è circondata da un’alleanza militare. Io avrei preferito una soluzione di neutralità. Mi pare tra l’altro che non facciamo i conti con un allargamento dell’Ue che c’è già stato con Ungheria e Polonia e non mi paiono ingressi che abbiano aiutato l’Unione. Così facendo si rinvia ancora la creazione di una UE politica se entrano Paesi che non hanno fatto i conti con la democrazia. E l’Ucraina ha molti passi ancora da compiere.
In tutto questo come vede l’Italia?
La vedo totalmente sdraiata su una posizione atlantista, quella che di Maio esprime in modo caricaturale. È una posizione incompatibile con la nostra Costituzione in cui c’è scritto che dobbiamo stare nella NATO in posizione di “parità e reciprocità” e noi no, non lo siamo. Non siamo pari e reciproci a USA o Germani e Francia. E dall’altra non mi pare che questa Nato sia un’alleanza difensiva. In un bel libro di Mazzolari, c’è scritto che quando si parla di blocchi difensivi è spesso un punto di vista relativo: diciamo di difendere il bene ma non diciamo che il nostro bene. La Nato se fosse difensiva sarebbe stata chiusa dopo la caduta del muro di Berlino. È invece il braccio armato degli interessi occidentali, che tra l’altro sono una minoranza nel mondo. La maggioranza del mondo infatti non sta contro la Russia e questo non vuole dire che il resto del mondo riconosca in Putin un leader ma che preferisce stare nel mezzo. L’Italia ha avuto una tradizione multilaterlista nella storia, per molti motivi, per il Mediterraneo, per il Papa, per il PCI. Pensare che perfino Andreotti e Craxi erano multilaterali e invece oggi siamo sdraiati al soglio americano.
La stupiscono le posizioni del PD?
Non mi ha stupito. Il PD è protagonista dello smontaggio della Costituzione. È un partito ultraliberista che ha introiettato il “non c’è alternativa” di Margaret Thatcher. E mi pare che il sistema capitalista nella sua fase attuale abbia bisogno di guerre perché sono funzionali all’economia e alla supremazia dell’economia occidentale. Anzi a ben vedere il PD è il partito più draghiano di tutti. La loro preoccupazione è difendere Draghi che è economia, finanza e non politica. In Grecia qualcuno se lo ricorda bene.
Cosa pensa delle liste di prescrizione che spuntano contro chi la pensa diversamente?
Non mi stupisce. Fratelli d’Italia ha chiesto le mie dimissioni (ma anche Italia Viva). È la solita storia del potere contro gli intellettuali. C’è un’allergia alla cultura che parte da Mussolini e Scelba («culturame», lo chiamavano loro) che è tutt’uno con la lotta al dissenso. Durante la pandemia abbiamo avuto un’accelerazione e infatti c’era retorica di guerra, c’era il generale Figliuolo, si parlava unità nazionale. Chi la pensa diversamente è un nemico della patria. Che il nemico sia virus o Putin poco cambia. Nel momento in cui non si riesce a conquistare il consenso (il 60% non ha votato alle ultime amministrative) la politica è paralizzata e la sua prima reazione è di demonizzare il dissenso. Questo è sintomo anche di una debolezza estrema della politica. Del resto non si vota da troppo tempo, non c’è un chiaro mandato popolare da troppo tempo. C’è quella che Zagrebelsky chiama “democrazia dall’alto” che ha paura perché è carente di legittimazione.
Secondo lei anche questa guerra durerà a lungo e sarà dimenticata?
Durerà, sarà l’Afghanistan europeo, a intensità medio alta. Sarà un cratere in cui si continuerà a combattere senza futuro. Nei primi giorni a noi che chiedevamo di smettere subito ci dicevano che l’Ucraina avrebbe potuto vincere e che bisognava indebolire Putin. L’Ucraina potrebbe vincere solo se si scatenasse una terza guerra mondiale. Non accadrà. Durerà a lungo con Putin che se la prenderà a pezzi e sarà uno stillicidio. E infatti NATO e gli USA parlano di seconda fase e di guerra con la Cina. L’Ucraina è già scalata a terza, quarta notizia.
Ma con le prossime elezioni sarà possibile un cambio dello scenario politico?
Non vedremo nei prossimi mesi una sinistra. Non ci sono le condizioni. Mi chiedo se il M5S morirà rimanendo nel governo Draghi sparirà o se farà l’unica scelta possibile di uscire dal governo e recuperare le sue ragioni. Magari rivendicando il Reddito di cittadinanza che è l’unica cosa di sinistra negli ultimi anni. Servirebbe una piattaforma politica non antiatlantica ma almeno critica verso l’Occidente. Se il M5S riesce a fare questo si potrebbe trovare consistenza elettorale, almeno ci sarebbe un’alternativa, altrimenti vedo grande astensione. Probabilmente anche la mia astensione. E lo dico con grande dolore.