“Una legge iniqua e ingiusta che peggiorerà ancora di più la sanità, l’istruzione, i trasporti e renderà più difficile la vita dei cittadini”. Non usa mezzi termini la presidente della Sardegna, Alessandra Todde, per definire la riforma dell’autonomia differenziata. Tanto che proprio la Sardegna sarà una delle cinque regioni che chiederà convintamente il referendum popolare.
Presidente Todde, quello della Sardegna sarà una dei consigli regionali che chiederà il referendum sull’autonomia?
La Sardegna è una delle 5 Regioni che si è apertamente schierata contro questa legge che spacca l’Italia, favorendo chi ha di più a discapito di chi ha di meno. Dal primo momento abbiamo fatto sentire la nostra voce e ci batteremo con le altre Regioni progressiste per fermare la secessione dei ricchi.
Quando voterete?
Il Consiglio regionale è stato convocato mercoledì 17 luglio.
Quali sono le ragioni che vi spingono a bocciare questa riforma?
Questa è una legge iniqua e ingiusta che peggiorerà ancora di più la sanità, l’istruzione, i trasporti e renderà più difficile la vita dei cittadini. È pericolosa e ha preso corpo attraverso una legge ordinaria con la quale si pretende di scardinare l’assetto costituzionale. Non possiamo permetterci il silenzio mentre la destra cerca nuovamente di dividere l’Italia in due. Meloni e Salvini prendono in giro anche i cittadini del Nord, perché è evidente che la coesione nazionale ne uscirà indebolita. La decentralizzazione potrebbe creare 21 sistemi normativi diversi, causando caos e concorrenza fiscale e sociale tra le Regioni, causando ineguaglianza e danneggiando famiglie e imprese.
Qual è il pericolo per la sua regione, in particolare?
L’autonomia differenziata mina la specialità della Sardegna, le sottrae risorse essenziali per i servizi di base e va contro l’articolo 3 della Costituzione. Non c’è alcuna contraddizione nel volersi battere per difendere la nostra specificità e per tutelare i sardi. A chi dice che la Sardegna è al sicuro perché è una Regione a statuto speciale, ricordiamo che le risorse vengono dalla dimensione nazionale e che se queste si riducono saranno di meno anche per la Sardegna, come già è successo. Non accetteremo mai una legge che condanni il popolo sardo all’arretratezza.
Crede che anche i suoi colleghi di centrodestra siano contrari?
Le interlocuzioni non si sono mai fermate, come non si sono mai interrotte con i tanti sindaci di città amministrate dal centrodestra che stanno criticando aspramente questa riforma.
Alcuni, da destra, la criticano dicendo che proprio lei, la presidente di una regione a statuto speciale, dovrebbe essere la prima a volere l’autonomia, cosa risponde?
La Sardegna orgogliosamente difende la propria specialità. A chi critica la nostra posizione rispondo che le infrastrutture delle regioni che oggi sono locomotive d’Italia non sono state finanziate con tasse differenziate e coi soli soldi del Nord, ma anche con quelli dei sardi e della Sardegna. Non possiamo accettare una riforma che ci danneggia.
Crede che in caso di referendum, gli italiani risponderanno?
Me lo auguro fortemente. Dobbiamo riuscire a far comprendere che in questa autonomia non ci sono benefici, se non per qualcuno che cerca di costruire il proprio consenso sulle spalle delle Regioni più povere. Interi mondi produttivi, i sindacati, le associazioni di categoria, si stanno dichiarando apertamente contrari a tutto ciò. Questa legge ha ricevuto una sonora bocciatura anche a livello europeo perché aumenta le diseguaglianze. Servirà una grande risposta dal basso contro chi teme la partecipazione popolare.