Punto di caduta, è la parola del giorno. È il termine usato dalla senatrice Barbara Lezzi, fra i firmatari della lettera dei 58 parlamentari del Movimento 5 Stelle “dissidenti” rispetto alla linea adottata dal governo italiano in sede europea sulla riforma del Mes, alla vigilia del voto di Camera e Senato sulla risoluzione di maggioranza in vista del Consiglio Ue previsto per oggi e domani e del vertice di venerdì, dove appunto si discuterà della riforma dei trattati istitutivi del Meccanismo europeo di stabilità.
Alla fine ieri Lezzi ha deciso di dare fiducia al premier e votare sì alla risoluzione frutto di una lunga e difficile mediazione non solo fra i pentastellati ma nell’intera maggioranza. “Conte ha detto che possiamo archiviare il Mes così com’era e non ho ragione per non credergli”, e in questo modo devono aver ragionato anche i colleghi, visto che il temuto strappo non si consuma e la “fronda” grillina a Montecitorio si attesta a quota sei voti contrari, mentre a Palazzo Madama solo i senatori M5S Mattia Crucioli e Bianca Laura Granato hanno votato no alla riforma del Mes (in nove non hanno partecipato al voto).
Numeri insufficienti a mettere in difficoltà i giallorossi, che alla Camera approvano in quattro diverse votazioni la risoluzione con 297 sì, subito dopo le comunicazioni in cui Conte ha illustrato la posizione italiana sui temi dell’imminente Consiglio europeo ricordando che la “responsabilità” della ratifica della riforma del Mes spetterà comunque al Parlamento. Dopo le tensioni degli ultimi giorni, dunque Pd, M5s, Leu e Iv hanno trovato un’intesa: anche perché il termine “punto di caduta”evoca ben altri scenari – l’eventuale caduta del governo – che, alla vigilia del varo di una Finanziaria difficile, con una crisi pandemica (sanitaria, sociale ed economica) ancora in atto e un’Europa con gli occhi puntati sulle mosse dell’esecutivo (vedi il Piano per accedere ai fondi del Recovery, con le grane ancora irrisolte che si porta dietro) era la bestia nera da scongiurare.
E su questo punto dal Colle i moniti sono stati lapalissiani. Non ci possiamo permettere una crisi di governo adesso: è un po’ il succo del discorso che il premier ha proposto alla Camera e replicato al Senato, dove la risoluzione di maggioranza passa con 159 sì e con la quale, così come il testo approvato a Montecitorio, si chiede di riformare il patto di stabilità e contestualmente di realizzare l’Edis, il sistema europeo di assicurazione dei depositi bancari.
“Il governo ha bisogno della massima coesione delle forze di maggioranza: è importante il confronto dialettico, ma poi va superata in una sintesi superiore la varietà di opinioni. La coesione delle forze di maggioranza ci consente di continuare a batterci in Europa – afferma Conte – per fornire il giusto contributo critico alle riforme in corso e al processo di rinnovamento, che si preannuncia, anche delle istituzioni europee”. Non manca poi una “bacchettata” alla maggioranza che rischia, a causa della sua litigiosità, di perdere il senso “costruttivo” del confronto.
Del resto anche il ministro Luigi Di Maio, che in questi giorni ha lavorato per l’unità della maggioranza e nel Movimento ha fatto da mediatore per far capire a tutti “la responsabilità di governare la settima potenza mondiale”, crede che “Dialogando tra persone adulte si trova sempre una soluzione”(il riferimento è anche al nodo sulla struttura del Recovery che agita il Cdm). Se al Senato, infatti i diciotto senatori di Iv “augurano buon lavoro a Bruxelles” a Conte, queste le parole di in Aula, e “la riforma del Mes va nella direzione giusta”, sulla gestione dei fondi in arrivo dall’Ue i toni non sono così concilianti.
“La task force non può sostituire il Parlamento, ma non è solo un problema di metodo, anche di merito”. Italia Viva, dice l’ex premier, “Voterà contro la Legge di Bilancio se conterrà ancora la norma sulla governance dei servizi e chiede nel piano italiano per spendere i 209 miliardi dell’Europa il doppio o il triplo per la sanità”. Scontato il no alla risoluzione di maggioranza di Lega e Fratelli d’Italia, e nessun “soccorso esterno” da parte di Forza Italia, che vota compatta con il centrodestra contro la risoluzione della maggioranza. Uniche voci in contrarie quelle già previste dei deputati Renato Brunetta e Renata Polverini, che comunque hanno evitato di votare in dissenso non partecipando, con ilo capogruppo Maria Stella Gelmini che sottolinea come gli altri quattordici azzurri che non hanno partecipato al voto fossero assenti giustificati da motivi personali o di salute.