Nonostante le regole di condotta destinate agli utenti e i filtri semantici preposti al controllo dei contenuti, sui social media spopolano i post contrassegnati da tag “pro-ana”, “pro-mia” e “thinspo”.
Sono migliaia le ragazze anoressiche e bulimiche che, motivate dal mantra della “thinspiration” fanno dei disturbi del comportamento alimentare uno stile di vita. Si incoraggiano a vicenda, comunicano attraverso blog e social network, e fanno di tutto per sottrarsi alle cure.
L’ossessione morbosa per la magrezza estrema si diffonde online come un culto macabro fatto di principi ferrei condivisi compulsivamente e di patologiche icone da idolatrare.
Anoressiche e bulimiche provenienti da tutto il mondo e appartenenti a diverse fasce d’età si incontrano online e utilizzano gli strumenti delle reti sociali più popolari per fare gruppo, scambiarsi consigli e aiutarsi a vicenda in questa malsana battaglia contro le proprie imperfette figure.
Per contrastare il fenomeno i principali social network hanno adottato delle policy restrittive che prevedono limitazioni, controlli e filtri in relazione ai contenuti pubblicati dagli utenti, ma che alla prova dei fatti si sono dimostrati insufficienti.
Tra le linee guida della community di Tumblr si legge ad esempio che è vietato «pubblicare contenuti che promuovono attivamente o glorificano l’autolesionismo», compresi quelli che «sollecitano o incoraggiano i lettori (…) ad adottare comportamenti bulimici o anoressici», mentre sono ben accetti i contenuti che contribuiscono ad alimentare il dialogo, il dibattito e la circolazione di informazioni su queste tematiche tra i bloggers ospitati dalla piattaforma.
Le regole di condotta destinate agli utenti si fanno poi meno stringenti su Twitter, dove vige un divieto espresso di pubblicare materiale pornografico e si prevedono limitazioni per contenuti che costituiscono forme di violenza, minaccia, violazione della privacy o di copyright, ma non è contemplata alcuna specifica proibizione in merito a comportamenti che incitano all’autolesionismo e in particolare all’anoressia e bulimia.
Più severe, poi, le condizioni per l’utilizzo di Instagram prevedono che «tutti gli account che verranno scoperti a incoraggiare o a spronare gli utenti ad adottare comportamenti quali anoressia, bulimia o altri disordini alimentari, oppure pratiche di autolesionismo o suicidio, verranno disattivati senza alcun preavviso».
Ma in realtà sono molti i contenuti che sfuggono al filtro degli operatori e che eludono il controllo diffuso, tramite “segnalazione”, degli altri utenti della comunità. E’ sufficiente fare una semplice ricerca per parole chiave, per rendersi conto di quanto la rete sia letteralmente infestata da questi contenuti “a rischio”. Basti pensare che gran parte dei video pubblicati su Youtube ed etichettati con la parola chiave “anorexia” contengono materiale che incoraggia i disturbi del comportamento alimentare, piuttosto che presentare contenuti informativi su queste patologie.
La rete è uno straordinario strumento di socializzazione e sviluppo culturale. Tuttavia tra le sue pieghe si annidano pericoli sui quali occorre mettere in guardia gli utenti, specie i più giovani. L’idea originale dei creatori di Twitter era quella di sviluppare uno strumento in grado di lanciare un messaggio d’allarme in situazioni di pericolo. Come spesso accade la soluzione ha portato dentro di sé una parte del problema. E nel caso della bulimia e dell’anoressia, è proprio quello che sta accadendo.