di Angelo Perfetti
La visita di Obama in Italia è un segnale. Al nostro governo e al mondo. Da una parte c’è il riconoscimento dell’importanza strategica del Belpaese al di là del potere economico che nell’Unione europea è in mano ad altre Nazioni, dall’altra è un segnale mandato a Putin – insieme al tour europeo dell’inquilino della Casa Bianca – sulla compattezza dei rapporti e delle strategie (anche economiche) tra Usa e Ue. L’ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi, già ambasciatore negli Stati Uniti, legge così le “vacanze romane” di Barack Obama.
Una visita in Italia per fare affari?
“Sul tappeto ci sono temi importanti a livello economico: le forniture di gas, le commesse militari. Ma non credo sia questo l’aspetto principale – seppur collegato in maniera importante – della visita di Obama. L’Italia è un partner affidabile, al centro del Mediterraneo, con addentellamenti e rapporti economici in medio Oriente, ha un peso nella Nato. Il presidente Usa sa di poter contare su questo, e coltiva i rapporti affinché il legame resti ben saldo. L’adesione dell’Italia e della Ue ai principi atlantici del ‘75 e del ‘90 non sono solo formali, ma sostanziali. E questo impegno definito ‘la più grande alleanza della Storia’ vuole che sia ben visibile anche a Putin”.
In ballo però ci sono anche le questioni economiche…
“Il rapporto economico tra Usa e Italia è andato bene anche negli anni di crisi; diverse aziende del settore tecnologico avanzato sono partner privilegiati degli Usa. Certo far parte di un’alleanza di questa natura presuppone anche il rispetto degli impegni presi sia in senso industriale, come nel caso degli F-35, sia in senso politico, con la partecipazione alle missioni internazionali”.
Posizione che si scontra con l’esigenza di spending review...
“Che però non è solo italiana ma europea. E comunque la riforma delle forze armate di due anni fa riguardava per lo più la riduzione di personale. Tanto meno riguarda un settore come quello aeronautico da sempre eccellenza italiana e fondamentale per l’accordo strategico con la Difesa americana”.
Insomma, patti da rispettare. L’onore della Patria prima ancora dei conti?
”Credo che i tempi per un ruolo di primaria importanza dell’Italia nello scacchiere internazionale siano maturi anche per ottenere un posto da Segretario Generale alla Nato. L’ultimo, tra il ‘64 e il 71, fu Manlio Brosio. Ma un drastico e inatteso taglio ai programmi nei quali ci siamo impegnati sarebbe oggi poco compreso dagli alleati”.
Gli Usa stanno promuovendo la loro produzione di shale gas. L’occasione dell’Ucraina sembra cadere nel momento giusto…
L’Europa è in ritardo su tutto, dall’idea di una difesa comune a quella delle politiche energetiche. Eppure è dagli Anni ‘70 che chi ha in mano l’energia detta le regole nei rapporti internazionali. Non si può più attendere: occorrono interconnettori e una politica comune dei depositi. Per di più, presentandosi sul mercato uniti, si possono ottenere condizioni vantaggiose. L’autonomia nella gestione energetica vuol dire automaticamente più sicurezza per il mondo”.
In questo quadro si inserisce il cosiddetto Ttip?
“Sì, ed è fondamentale. La liberalizzazione degli interscambi economici è l’obiettivo da perseguire. Il Transatlantic Trade and Investment Partnership è stato progettato per incoraggiare la crescita e la creazione di posti di lavoro; vale circa 120 miliardi di euro l’anno. Ma ci sono problemi da superare in Europa: i limiti a una politica agricola comune, il nazionalismo francese… Eppure fare blocco comune è l’unica strada per garantirsi a livello economico”.
Insomma sicurezza ed economia sono due facce della stessa medaglia. E Barack Obama tiene ad entrambi.