I target ritenuti di “primario interesse” erano ventisette, secondo l’elenco dei latitanti politici, rossi e neri, fatto stilare dall’allora Guardasigilli, Alfonso Bonafede, nel 2019, in occasione dell’arresto dell’ex terrorista dei Pac, Cesare Battisti (leggi l’articolo). Ora, dopo l’ultima operazione condotta nelle scorse ore dall’antiterrorismo a Parigi (leggi l’articolo), ne restano da rintracciare 20, tre dei quali sono sfuggiti alla cattura proprio nei giorni scorsi.
Ma il numero di latitanti politici, più rossi che neri, su cui almeno due generazioni di investigatori e analisti dell’intelligence si sono finora concentrate, potrebbero essere molti di più. Sono tutti condannati in via definitiva, come lo era Battisti, per associazione sovversiva, banda armata, omicidio e strage. E almeno 20 di questi, come ha dimostrato la meticolosa operazione condotta dalla Polizia a Parigi, si trovano in Francia, il Paese che più di ogni altro – grazie alla cosiddetta dottrina Mitterrand – ha accolto chi aveva imbracciato un mitra per fare politica negli anni Settanta e Ottanta. Poi c’è Nicaragua, Brasile, Argentina, Cuba, Libia, Angola, Algeria e Svizzera.
Tra il 1978 e il 1982, gli anni in cui il terrorismo politico insanguinò il nostro Paese, circa 500 esponenti della sterminata galassia eversiva italiana (qualcosa come 92 sigle tra sinistra e destra) hanno scelto di sottrarsi alla giustizia rifugiandosi Oltralpe. Un censimento di diversi anni fa parla 163 imprendibili “rossi”, 46 dei quali condannati in via definitiva per omicidi e ferimenti e i restanti 117 con l’accusa, in molti casi ormai prescritta, di associazione sovversiva e banda armata.
In cima alla lista, esclusi i 7 ricercati arrestati oggi, ci sono ad esempio due latitanti storici delle Brigate Rosse, entrambi implicati nel sequestro e nell’uccisione del presidente della Dc Aldo Moro. Si tratta di Alessio Casimirri (nella foto), nome di battaglia “Camillo”, uno dei nove del commando che il 16 marzo 1978 partecipò alla mattanza di via Fani, insieme ad Alvaro Lojacono. Casimirri nel 1980 si è dissociato dalle Br e due anni dopo è fuggito prima in Francia, poi a Cuba, Panama e, infine, in Nicaragua dove si è unito al Fronte Sandinista e dove, tuttora, vive con moglie i figli.
Casimirri, che ha anche un profilo Facebook inattivo dal 2012, sempre secondo quanto se ne sa, oggi fa il pescatore ma deve scontare l’ergastolo per la strage di via Fani, così come il suo compagno Lojacono, che, invece, si è rifatto una vita in Svizzera. Nel ‘93 il compagno Camillo fu raggiunto nel Paese dell’America centrale da due agenti del Sisde a cui fornì indicazioni per far arrestare la sua ex moglie, Rita Algranati, anche lei brigatista, e Maurizio Falessi. Entrambi catturati dai Servizi in Algeria nel 2004. Una missione, quella del Servizio segreto civile, molto discussa, che costò allo Stato circa un miliardo e mezzo di lire ma che non consentì l’arresto di Casimirri. A cosa servì tutto quel denaro è ancora oggi un mistero. Uno dei tanti quando si maneggiano storie di questo tipo.
Ma nell’elenco dei “parigini” c’era, fino ad oggi, anche l’ex esponente di Lotta Continua, Giorgio Pietrostefani, condannato a 22 anni per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi. Manca ancora all’appello Enrico Villimburgo, ex Br condannato all’ergastolo nel processo Moro, ma anche Simonetta Giorgieri e Carla Vendetti, coinvolte più recentemente nelle inchieste per i delitti D’Antona e Biagi. Mentre Sergio Tornaghi, anche lui condannato all’ergastolo, compare nell’elenco dei 7 latitanti rintracciati nelle scorse ore a Parigi insieme al suo compagno, anche lui ex Br, Giovanni Alimonti, che, invece, ha un debito con la giustizia di 11 anni e 6 mesi.
Nell’elenco stilato da via Arenula compare anche il nome di Claudio Lavazza, ex membro dei Proletari armati per il comunismo, coinvolto, insieme a Battisti, nell’omicidio del maresciallo della Polizia Penitenziaria Antonio Santoro. È stato, invece, localizzato in Gran Bretagna, Vittorio Spadavecchia, ex estremista di destra legato ai Nar che nel 1982 assaltò a Roma la sede dell’Olp. Si sono perse le tracce anche di Franco Coda, uno dei fondatori di Prima Linea, condannato per concorso in banda armata e associazione con finalità di terrorismo. È latitante da 45 anni, nonostante una condanna all’ergastolo per associazione terroristica, l’altoadesino Siegfriend Steger, autore degli attentati ai tralicci in Alto Adige, così come un altro altoadesino, Karl Ausserer. Nello stesso elenco c’è anche Paul Volgger, condannato per attentati alla sicurezza dei trasporti e detenzione di esplosivi.
Non c’è più, invece, il nome di una storica ex brigatista della colonna romana delle Brigate Rosse, Roberta Cappelli, fino a ieri architetto in Francia anche se doveva scontare una pena per associazione con finalità terroristiche, concorso in rapina e omicidio. Stessa sorte anche un’altra nota combattente delle Br, Marina Petrella, nome di battaglia “Virginia”, condannata all’ergasotolo e rintracciata, sempre oggi, dalla Polizia. Le manette, a Parigi, sono scattate anche ai polsi dell’ex terrorista bergamasco Narciso Manenti, ex Nuclei Armati Contropotere Territoriale, condannato all’ergastolo nel 1986 per l’omicidio di un carabiniere.
È ancora oggi ricercato, per omicidio e partecipazione a banda armata, Paolo Ceriani Sebregondi, anche lui ex Br come Maurizio Di Marzio, accusato di partecipazione a banda armata e rifugiatosi da anni in Francia insieme a Ermenegildo Marinelli e sfuggito alla cattura nelle scorse ore. Gli altri due latitanti, dei 10 che il presidente francese Emmanuel Macron ha autorizzato a catturare, ma che non si sono fatti trovare, sono l’ex militante veneto dei Pac, Luigi Bergamin e Raffaele Ventura.
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