di Stefano Sansonetti
Il rischio è che si scateni un autentico balletto all’interno della Cassa depositi e prestiti. I vertici della società controllata all’80% dal ministero del Tesoro, confermati con un blitz dell’ultima ora dall’ex ministro Vittorio Grilli, tornano a traballare pericolosamente. L’opera di ricambio già impostata dal nuovo inquilino di via XX Settembre, Fabrizio Saccomanni, sembra destinata a colpire proprio i vertici nominati in extremis dal precedente governo. In base a quanto filtra, lo staff di Saccomanni starebbe studiando l’opportunità di far dimettere dal cda della Cassa, ora composto da nove membri, i cinque “dipendenti” nominati dalla vecchia gestione del Tesoro. Si tratta di Maria Cannata, Olga Cuccurullo, Francesco Parlato, Antimo Prosperi e Alessandro Rivera. A quel punto i numeri obbligherebbero a ripartire da zero. I maggiori rischi, in tutta questa operazione, sono corsi dall’attuale amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini. Ex banchiere di Jp Morgan e Intesa Sanpaolo, uomo vicino a Giovanni Bazoli, Gorno Tempini vantava un legame di ferro con Grilli, che non per niente lo aveva confermato in zona Cesarini.
Il precedente
Il blitz, come raccontato da La Notizia (vedi il numero del 16 aprile), si era tirato addosso le proteste di quasi tutto l’arco parlamentare, grillini in primis. Del resto quello di Cassa Depositi è stato uno dei pochi cda, tra tutti quelli in scadenza, che il vecchio governo non ha lasciato alle cure del successivo. Uno “sgarbo” istituzionale, come hanno commentato in molti, una forzatura che si sarebbe dovuta evitare. La realtà è che la Cdp, nel cui azionariato ci sono anche le fondazioni bancarie, è la più importante società controllata dal Tesoro. Gestisce 233 miliardi di euro di raccolta postale, ha 139 miliardi di liquidità, un patrimonio netto di 16 miliardi e partecipazioni per oltre 30. Tra queste spiccano Eni, Snam, Terna, Sace, Fintecna, Simest. Senza contare che la Cdp potrebbe essere concretamente della partita nella società a cui Telecom è intenzionata a trasferire la rete. Insomma, parliamo del crocevia delle principali partite economiche del paese. E questa è la vera ragione per cui la sue poltrone di vertice sono ambite da tutti, in particolare dal Pd. Del resto, come riportato due giorni fa dal Corriere della sera, il segretario del Pd Guglielmo Epifani è uscito da un incontro con il predecessore Pier Luigi Bersani tenendo in mano un foglietto su cui erano segnati alcuni appunti. Tra i contenuti intercettati c’era anche il nome di alcune società pubbliche, tra cui la sigla “Cdp”. Inutile dire che il riferimento ha scatenato tutta una serie di considerazioni. Insomma, sembra che il Pd su questa, come su altre partite, abbia una gran voglia di non farsi sfuggire l’opportunità di scegliere uomini “graditi”.
Le opzioni
Gorno Tempini, con l’uscita di Grilli e nonostante il legame con Bazoli, non sembra avere in questa fase la spalle coperte. Del resto è sin troppo facile immaginare lo scenario: se veramente il Tesoro confezionerà una strategia per portare alle dimissioni i suoi 5 dipendenti dal consiglio di amministrazione, è presumibile che il vero bersaglio sia Gorno Tempini, che a quel punto non avrebbe chance. Nei corridoi di via XX Settembre si racconta che lo stesso manager “bazoliano” stia facendo notare come in realtà non sia così facile rimuoverlo, dal momento che siede anche sulla poltrona di presidente del Fondo strategico italiano, il braccio operativo della Cassa Depositi. Ma il dettaglio, secondo i commenti chi si raccolgono dalle parti del Tesoro, non sembrerebbe così convincente. Semmai si porrebbe il problema di eventuali buonuscite e oneri economici da sostenere per accompagnare alla porta Gorno Tempini. Ma tant’è. Rischi limitati, invece, per il presidente di Cdp, l’ex ministro Ds Franco Bassanini, nominato dalle fondazioni. Le quali, in caso di rinnovo, potrebbero riproporre il suo nome.
Ad ogni modo, chi potrebbe prendere il posto di Gorno Tempini? In pole, secondo alcune indiscrezioni, ci sarebbe Dario Scanniapieco, vicepresidente della Bei, molto stimato dal presidente della Bce Mario Draghi. Ma ci potrebbe anche essere Alessandro Castellano, amministratore delegato in scadenza di quella Sace recentemente fagocitata proprio da Cdp.