di Stefano Sansonetti
La battaglia vera, forse, è quella che sta andando in scena in questi giorni. Perché sul piatto ci sono poltrone che rischiano di essere molto più importanti di quelle occupate dai ministri. E, come quasi sempre accade, le partite più delicate si giocano a via XX Settembre, sede del ministero dell’economia dove in questi giorni è in atto un incredibile lavorio che in alcuni casi è già sfociato in braccio di ferro. Una delle questioni più rilevanti riguarda la poltrona di direttore generale del Tesoro, attualmente occupata da Vincenzo La Via. Ebbene, su questo terreno si stanno muovendo molto le fondazioni bancarie, che non soltanto sono sottoposte alla vigilanza del Dipartimento del Tesoro, ma sono anche azioniste al 18,4% di quella Cassa Depositi e Prestiti che proprio da via XX Settembre è controllata. Gli enti di origine bancaria, rappresentati dall’Acri guidata dall’inamovibile Giuseppe Guzzetti, si stanno giocando una carta ben precisa. Si tratta di Matteo Del Fante, oggi direttore generale della medesima Cdp, consigliere di amministrazione di Terna ed ex banchiere di Jp Morgan, una delle banche d’affari più “introdotte” al ministero. Per le fondazioni Del Fante è un nome di garanzia, ma il suo profilo sarebbe gradito anche al presidente del consiglio, Matteo Renzi.
Gli equilibri
Si dà infatti il caso che il direttore generale della Cassa Depositi sia nato a Firenze. Ed è attraverso il capoluogo toscano che avrebbe coltivato rapporti con il premier. Il quale, secondo alcuni rumors, vedrebbe in Del Fante un presidio da garantirsi al ministero dell’economia, ora come ora pieno zeppo di dalemiani e lettiani: dal ministro Pier Carlo Padoan (ex consigliere economico di Massimo D’Alema ed ex direttore della fondazione Italianieuropei) al capo di gabinetto Roberto Garofoli (altro dalemiano e già segretario generale di palazzo Chigi con Enrico Letta) per finire con il capo della segreteria tecnica Fabrizio Pagani (ex consigliere per le questioni internazionali di Letta). Ma quante chance ha Del Fante di arrivare alla direzione generale del Tesoro? Non molte, secondo alcuni osservatori che fanno notare come oggi quella poltrona sia occupata da La Via, ex direttore finanziario della Banca mondiale, ex rappresentate della stessa banca al Financial Stability Board e “vicino” al presidente della Bce Mario Draghi. Insomma, non un profilo qualunque da scalzare, tanto più per i suoi vasti contatti internazionali. Ma quando è in atto una guerra di poltrone, si sa, tutto è possibile.
Le altre partite
All’Agenzia delle entrate, invece, l’attuale direttore Attilio Befera sta cercando di sponsorizzare l’ascesa del suo vice Marco Di Capua, per ora l’ “eterno secondo” di Fisco italiano. Befera, che ai suoi fedelissimi dice di sentirsi in tasca una poltrona in una delle società pubbliche da rinnovare nei prossimi mesi, sta caldeggiando l’ascesa di Di Capua grazie alle sponde fornite dal viceministro dell’economia, Enrico Morando (Pd), e dal sottosegretario di via XX Settembre Giovanni Legnini (anche lui del Pd). Sarà la volta buona? In attesa di capirlo Di Capua si consola con un discreto cumulo di poltrone: oltre a essere vicedirettore delle Entrate è presidente di Equitalia Giustizia e di Sose (la società degli studi di settore). In fermento, però, c’è anche Luigi Magistro, ex Guardia di Finanza, ora vicedirettore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Il suo obiettivo è quello di diventare numero uno della struttura, sostituendo l’attuale direttore, il Visco boy Giuseppe Peleggi. Il quale sarebbe entrato in rotta di collisione anche con la Guardia di finanza per tutta una serie di questioni relative ai controlli doganali. Proprio nei giorni scorsi le Fiamme Gialle hanno deciso la nomina a capo del III Reparto operazioni il generale Stefano Screpanti, proveniente dal comando provinciale di Palermo. Una mossa che in molti hanno letto come un “segnale” contro Peleggi. In alternativa Magistro preferirebbe andare a fare il vice di Di Capua alle Entrate. Si vedrà.
Twitter: @SSansonetti