A dettare l’ultimatum ai vertici di Aspi e della capogruppo Atlantia sono stati giovedì i tecnici del governo. Ieri a riformularlo ci ha pensato il premier. Se, entro le prossime ore, Autostrade per l’Italia non farà al governo una proposta accettabile e vantaggiosa per lo Stato, la revoca della concessione sarà inevitabile. E un consiglio dei ministri in cui affrontare il dossier si starebbe ipotizzando per martedì. Nella riunione del Cdm di lunedì alle 9, ad ora, all’ordine del giorno ci sono soltanto leggi regionali. Una seconda riunione, probabilmente il giorno dopo, potrebbe dunque servire ad affrontare il dossier di Aspi.
“Ho detto che nei prossimi giorni si completerà la procedura di revoca che è in corso. C’è stato un incontro – ha spiegato Giuseppe Conte – presso il ministero delle Infrastrutture dove i tecnici del governo hanno rappresentato alla controparte le ragioni per cui le loro proposte non sono accettabili. A questo punto, o arriva in extremis una proposta a cui il governo non potrà dire di no, perché estremamente vantaggiosa per l’interesse pubblico, visto che non possiamo più regalare soldi a nessuno, men che meno ai privati, oppure si chiama procedimento di revoca”. Secondo il ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli, Aspi dovrebbe essere “nelle condizioni di capire e di sapere, dopo un lungo percorso che ha attraversato questi mesi, che cos’è quell’interesse pubblico indicato dal premier”.
La proposta di Aspi dovrebbe concentrarsi su diversi fronti: rinuncia a tutti i ricorsi, calo delle tariffe, opere di manutenzione, risorse a compensazione del danno. Rimane sullo sfondo il tema del controllo della società. Attualmente Atlantia detiene l’88% di Aspi e si è sempre dichiarata disponibile all’apertura a nuovi partner seppur di minoranza. Secondo indiscrezioni un’ipotesi prevede la quota dei Benetton diluirsi fino a rinunciare al controllo attraverso un aumento di capitale. Ora tutti questi temi saranno oggetto di riflessione da parte di Atlantia. Intanto fuori non si placa la polemica politica. Il M5S non ha alcuna intenzione di indietreggiare rispetto alla richiesta di revoca. Forte anche della sentenza della Consulta che ha giudicato non illegittima l’esclusione di Aspi dalla ricostruzione.
Il viceministro allo Sviluppo economico Stefano Buffagni ne fa una questione di vita o di morte per lo stesso governo. “Secondo noi i Benetton devono uscire dalla gestione delle nostre autostrade. Noi non abbiamo dubbi, se qualcuno poi ha altre idee noi siamo disponibili anche a lasciar perdere tutto e andare via, gli lasciamo il paese”. Non meno tenero il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Giancarlo Cancelleri: “Il Pd ed Italia viva smettessero di frenare: a noi basta che i Benetton escano dalla concessione”. Leu con Stefano Fassina chiede la revoca. I renziani rimangono contrari. “Se in due anni – osserva Maria Elena Boschi – si è rifatto il ponte e non si è fatta la revoca è perché giuridicamente questa scelta è pericolosa. Espone gli italiani al rischio di un contenzioso miliardario, peraltro creando incertezza sulla gestione della rete autostradale e sui posti di lavoro”. Il Pd non ha nessuna intenzione di passare come il partito che frena. Nei fatti però non scioglie il dilemma tra revoca e trattativa.
“Al Pd interessa che chi ha nuociuto non nuoccia più, che ci siano garanzie sulle tariffe, gli investimenti, i controlli. Se questo si realizza con la revoca o con un radicale assetto societario tocca al governo dirlo sulla base delle analisi tecniche che a questo punto dovrebbero essere più che sufficienti. Il Pd non ha mai chiesto rinvii su questo argomento. I tempi li decide il governo e per noi di tempo ne è passato sin troppo”, dice il vicesegretario del Pd Andrea Orlando. Ma ormai manca poco per vedere le carte di ciascuno e per sapere come andrà a finire la partita.