Dopo aver occupato la Rai, TeleMeloni va in onda pure nella masseria di Bruno Vespa. Sembra incredibile ma nel giorno di massima difficoltà del governo – sempre più nel mirino delle authority con Anac, Corte dei Conti e Unione europea che si lamentano per le politiche del governo -, il conduttore Rai ha pensato bene di regalare il palcoscenico alla premier. E Giorgia Meloni ha colto la palla al balzo per dipingere la solidità della sua coalizione, lanciare attacchi agli avversari e raccontare il buon andamento del suo governo che sembra scontrarsi frontalmente con il giudizio delle diverse authority.
Il premier Meloni ospite nella masseria di Vespa racconta di un’economia in crescita. E spiega che in Europa l’Italia è tornata protagonista
Più che una descrizione di quanto sta vivendo il Paese, quello della premier dalla Masseria di Vespa è sembrato un brano tratto dal libro dei sogni. A partire dall’economia che per il presidente del Consiglio va a gonfie vele: “Il dato più importante è il Pil italiano che cresce oltre la media europea. Il governo deve dare i suoi segnali, l’economia risponde e lo sta facendo, ma non è un fuoco di paglia. L’Italia ha appena raggiunto il record storico di numero di occupati e di contratti stabili, e tutto è trainato dall’occupazione femminile”.
Poi la Meloni, seduta di fronte a Vespa, ha affrontato il tema del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che è stato sottoscritto da tutti gli Stati membri ad eccezione della sola Italia, causando irritazione a Bruxelles. “Il Mes è un tema che sarebbe stupido aprire adesso, per due ragioni: la prima è che non ho cambiato idea sul Meccanismo europeo di stabilità, ma è una parte di una serie di strumenti che vanno discussi nel loro complesso. Non ha senso ratificare la sua riforma se non sai cosa prevede il nuovo patto di stabilità e crescita” aggiungendo di non essere “convinta della proposta della commissione” guidata da Ursula von der Leyen. Ad ogni modo, precisa, “se anche l’Italia ratificasse la riforma del trattato, il Mes non verrebbe richiesto da nessuno, né dall’Italia né dagli altri”. Insomma il problema, secondo lei, non esisterebbe.
Peccato che a pensarla diversamente è Bruxelles che da mesi è in pressing sull’Italia. E sui ritardi del Recovery plan la Meloni ostenta sicurezza: “Riusciremo ad avere la terza rata del Pnrr: stiamo facendo un lavoro molto lungo e preciso con la Commissione europea. Sono stati già verificati gli obiettivi, ora siamo ai target, ma sono assolutamente ottimista. Poi ci stiamo occupando entro il 31 agosto di lavorare per rivedere alcuni obiettivi per inserire il Repower Eu”.
Peccato che a Bruxelles l’aria che si respira non è altrettanto positiva e che i dubbi sulla capacità dell’Italia di risolvere le tante questioni aperte crescono di ora in ora. Sempre in tema europeo la Meloni, dopo le recenti tensioni con l’amico Viktor Orbàn che si è messo di traverso in fatto di accoglimenti dei migranti, è riuscita a esibirsi in un dietrofront di altri tempi: “I miei avversari mi rimproverano di non essere di sinistra, ma io ho un’altra visione del mondo. Per quanto riguarda Polonia e Ungheria, sono democrazie più giovani della nostra, perché quando finì la Seconda guerra mondiale sono stati abbandonati al gioco sovietico. Sì, c’è un lavoro che va fatto per rafforzare quelle democrazie e accompagnarle, e sono pronta a farlo perché l’Europa non è un club di serie A e b ma soprattutto una civiltà”.
Durante il colloquio nella tenuta di Vespa, la Meloni non ha mancato l’occasione per battibeccare a distanza con Elly Schlein. “Più ancora che questi signori che vogliono impedire di parlare a un ministro”, riferendosi a quanto accaduto al salone del libro Eugenia Maria Roccela, “sono stupita che la segretaria del Pd dica che siamo allergici al dissenso: se confonde il dissenso con l’autoritarismo abbiamo un problema”, aggiungendo di escludere “che gli italiani credano che siamo in un regime di autoritarismo”.
E sulle politiche del lavoro, nodo su cui il Movimento 5 Stelle e il Pd non mancano di rimarcare quelli che definiscono ‘passi falsi del governo’, il presidente del Consiglio spiega che “il lavoro va favorito, bisogna favorire le aziende che hanno un’alta densità di manodopera, quando assumi qualcuno fai un favore anche allo Stato, questo è il senso”.
Attenzione da parte di Vespa per la premier che non è di certo inedita. Un copione già visto sia a Porta a Porta che a Cinque minuti, la striscia quotidiana che fu di Enzo Biagi, dove in 69 puntate sono stati ospitati per ben ventidue volte esponenti della maggioranza, a fronte delle quattordici volte dedicate alle opposizioni. E tra quest’ultime è capitato anche che sfociassero in furibonde polemiche come accaduto con la puntata del 2 maggio quando Matteo Renzi, direttore editoriale del quotidiano di cui il nipote del conduttore Rai, Andrea Ruggieri, è responsabile, ha suscitato clamore e perplessità.
Copertura mediatica a favore della maggioranza che in Rai è letteralmente senza precedenti. Ed è In particolare nei telegiornali e nei talk show che ormai sono diventati veri e propri megafoni del governo. Questo quanto emerge dai dati dell’Osservatorio di Pavia – il quale monitora il servizio radiotelevisivo – che ha rivelato come gli spazi riservati alla politica, malgrado le destre continuino a lamentare un trattamento iniquo, sono dominati dalla maggioranza con picchi che superano il 70%. Scenario in cui proprio il presidente del Consiglio si sta imponendo come una star del piccolo schermo. Numeri da capogiro che, secondo Repubblica, non si erano mai visti prima se confrontati a quelli dei precedenti esecutivi.
“Nell’ottobre 2019, il primo mese intero del Conte2 nato a settembre di quell’anno, l’esecutivo giallorosso totalizza una presenza in voce pari al 30 per cento” e che nel primo mese del governo dei migliori di Mario Draghi, ossia marzo 2021, “la Rai riservava al premier delle larghe intese e ai suoi ministro il 35 per cento del tempo di parola”. Nel primo mese della premier Meloni il dato saliva al 45% e “se a questo si aggiunge il 17 per cento totalizzato dalle forze di maggioranza, ecco che i sovranisti schizzano al 62 per cento”.