Davanti al “controllo asfissiante sul lavoro giornalistico, con il tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo, all’assenza dal piano industriale di un progetto per l’informazione della Rai e alle carenze di organico in tutte le redazioni”, Usigrai ha proclamato una giornata di astensione dal lavoro. Ventiquattrore, dalle 5.30 di lunedì 6 maggio alle 5.30 di martedì 7, in cui gli aderenti al principale sindacato della Rai incroceranno le braccia per far sentire le proprie ragioni.
Infatti, spiega Usigrai, “l’incontro di raffreddamento con l’azienda si è risolto con un nulla di fatto, motivo per cui confermiamo il nostro stato d’agitazione”. Nel rispetto delle regole fissate dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, proseguono i sindacati, “non potranno aderire i giornalisti del Giornale Radio Rai”.
Questo perché gli stessi “saranno già impegnati in uno sciopero sabato 27 aprile contro l’ipotesi di accorpamento del Gr Sport con Rai Sport e di Gr Parlamento con Rai Parlamento che svuoterebbe Radio1 della sua vocazione all news senza alcun vantaggio per la testata e l’azienda”.
TeleMeloni ha stufato Usigrai
Quel che è certo è che lo sciopero non sarà l’unica occasione di protesta contro TeleMeloni. Come si legge nel comunicato, “nei giorni precedenti verranno messe in atto una serie di iniziative sindacali come da mandato dell’assemblea dei cdr, dello scorso 17 aprile”. Del resto, concludono i sindacalisti, le ragioni per incrociare le braccia ci sono tutte e nel comunicato vengono elencate una a una.
Si va dal “controllo asfissiante sul lavoro giornalistico, con il tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo”, “all’assenza dal piano industriale di un progetto per l’informazione della Rai”, passando per “le carenze di organico in tutte le redazioni, con il perdurante no dell’azienda ad una selezione pubblica per giornalisti, la mancata sostituzione delle maternità, la disdetta dell’accordo sul premio di risultato, senza una reale disponibilità alla trattativa, e la mancata stabilizzazione dei colleghi precari”.