di Maurizio Grosso
La variabile deleghe. Alla fine sarà la distribuzione dei poteri operativi a determinare quante possibilità ha Massimo Sarmi di sistemarsi al vertice di Telecom Italia. Per l’attuale amministratore delegato di Poste Italiane i tempi non sono ancora maturi. Ma la situazione potrebbe sbloccarsi in tempi brevi. Nel consiglio di amministrazione di Telecom, in programma per oggi, sono attese le dimissioni del presidente Franco Bernabè, che in questi anni ha potuto proprio usufruire di quelle deleghe operative adesso sul piatto delle trattative. Salvo sorprese i poteri di Bernabè saranno ripartiti tra il vicepresidente Aldo Minucci e l’ad Marco Patuano. Di certo la scossa seguita alla scalata degli spagnoli di Telefonica sta ancora producendo effetti a cascata.
Il destino di Sarmi, dato per diversi giorni in pole position nella successione a Bernabè, sembra fortemente legato alla questione delle deleghe. L’attuale numero uno di Poste, su cui ci sarebbe un sostanziale accordo tra Telefonica, Mediobanca, Intesa e Generali, ovvero i soci di Telco (la cassaforte che controlla l’azienda tlc con il 22,4%), sarebbe orientato a venire solo se munito di adeguate deleghe operative. Come dire che il manager è disposto a fare il presidente di Telecom solo se avrà adeguati poteri, non per rivestire una carica istituzionale. E qui, in un certo senso, si può cogliere l’inizio di quella che potrebbe essere una guerra di deleghe.
Nel frattempo ieri si è tenuto un comitato nomine che ha cooptato all’interno del cda dell’azienda telefonica Angelo Provasoli, presidente di Rcs ed ex rettore della Bocconi. Provasoli va così a prendere il posto di Elio Catania, che si era dimesso dall’organo dopo che il suo nome era uscito all’interno di un’inchiesta della procura di Roma per insider trading. Non dovrebbe essere oggetto del cda odierno, invece, uno degli argomenti principali sui futuri assetti di Telecom, ossia il destino della partecipazione detenuta in Tim Brasil. La questione è talmente importante da richidere un supplemento di riflessione. Una cessione di Tim Brasil, infatti, consentirebbe di far incassare soldi a Telecom per ridurre il debito ed eliminerebbe problemi Antitrust per Telefonica (che in Sudamerica controlla Vivo, operatore concorrente di Tim). Ma reghelerebbe la stessa Telecom a un ruolo solo domestico.