di Stefano Sansonetti
Ormai è il festival delle buonuscite milionarie. Prima Enrico Cucchiani, defenestrato da Intesa Sanpaolo con un assegno proiettato oltre i 4 milioni di euro. Ieri è stata la volta di Franco Bernabè, l’ex presidente di Telecom che ha pagato con l’uscita dal gruppo le infinite polemiche seguite alla scalata degli spagnoli di Telefonica. Ebbene, in base a quanto ieri è venuto fuori dal consiglio di amministrazione della società, Bernabè si porterà a casa complessivamente 6,6 milioni di euro, così ripartiti: 3,7 milioni come emolumento complessivo a cui avrebbe avuto diritto sino alla scadenza naturale del mandato e 2,9 milioni in seguito alla stipula di un accordo di non concorrenza. Davvero niente male. Ad ogni modo il consiglio di amministrazione ha preso decisioni interlocutorie circa i vertici che da adesso gestiranno il timone della società. La presidenza dell’organo collegiale, si legge infatti in una nota della società, è attribuita ad Aldo Minucci, sinora vicepresidente, “in via di supplenza”. Mentre le deleghe prima esercitate da Bernabè “sono state provvisoriamente attribuite all’amministratore delegato Marco Patuano”. Questo fa capire come rimanga aperta la questione della vera successione alla leadership operativa del gruppo.
Le ipotesi
In lizza rimane sempre l’attuale amministratore delegato di Poste Italiane, Massimo Sarmi, sul quale ci sarebbe un sostanziale accordo tra tutti i soci di Telco, ovvero la cassaforte che controlla il 22,4% di Telecom Italia. Il suo nome avrebbe il gradimento degli spagnoli, di Mediobanca e di Generali, mentre qualche residua perplessità sarebbe da ricondurre a Intesa Sanpaolo. Il nodo da sciogliere, a quanto filtra, riguarda le deleghe che Sarmi vorrebbe incassare per sistemarsi sulla tolda di comando dell’azienda telefonica. Il che vuol dire che il numero uno di Poste Italiane non sarebbe disposto a trasferirsi armi e bagagli solo per occupare una presidenza poco più che “istituzionale”. In alternativa a Sarmi, qualcuno ieri ha avanzato l’ipotesi Vito Gamberale, attuale amministratore delegato di F2i. Si tratta di un fondo che investe in infrastrutture e che ha dietro in qualità di azionisti la Cassa depositi e prestiti, l’onnipresente Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bofa Merril Lynch e un drappello di 9 fondazioni bancarie tra cui spiccano Compagnia Sanpaolo e Fondazione Crt. F2i, in particolare, vanta una partecipazione pesante in Metroweb, società che possiede e gestisce nell’area metropolitana di Milano la più grande rete in fibra ottica a livello europeo, con oltre 3.200 km di infrastrutture civili e 7.200 km di cavi. Inutile ricordare quante volte in passato lo stesso Gamberale abbia sottolineato l’importanza di una sinergia tra un’eventuale società della rete Telecom, operazione sempre in cantiere, e la stessa Metroweb. In più dietro F2i c’è quella Cassa depositi e prestiti da sempre invocata come soggetto più indicato per erigere una barriera protettiva intorno alla medesima infrastruttura.
Le altre nomine
Nel frattempo ieri il cda di Telecom ha confermato la cooptazione di Angelo Provasoli, presidente di Rcs, all’interno dell’organo collegiale al posto di Elio Catania, dimessosi nel momento in cui il suo nome è uscito in riferimento a un’inchiesta della procura di Roma per insider trading.