Servono circa 3,4 miliardi di euro, una manovra bis che vale ben lo 0,2% del Pil. Questa è la richiesta, stando a quanto riportato da Repubblica, di Bruxelles all’Italia. E questa volta l’esecutivo non può più rinviare, dovrà mettere mano al portafoglio. Anche perché in caso contrario — la Commissione europea lo ha messo ben in chiaro nei contatti riservati delle ultime ore con il Tesoro — è pronta una procedura d’infrazione per deficit eccessivo a carico dell’Italia per il mancato rispetto della regola del debito. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan non ha smentito: “Vedremo se sarà il caso di prendere misure ulteriori per rispettare gli obiettivi, ma la via maestra è la crescita, che è la priorità del governo. Bruxelles ci ricorda che abbiamo un debito troppo alto che avrebbe dovuto cominciare a scendere da quest’anno”.
Come si ricorderà, prima del referendum la polemica tra l’allora premier Matteo Renzi e il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, era stata accesa. Troppo alto il deficit previsto in Legge di Bilancio con inevitabili ricadute negative sul debito. Ma poi Juncker, anche in vista del referendum italiano, a metà novembre aveva preferito non bocciare pubblicamente la manovra.
Ora, però, si torna a far sul serio. Il conto deve essere pagato.Secondo le previsioni economiche pubblicate lo scorso autunno da Bruxelles, ricorda ancora Repubblica, il deficit italiano viaggerà intorno al 2,4% del Pil, due decimali al di sopra del target concordato a Bratislava e di quello che la Commissione considera il tetto massimo per evitare una micidiale bocciatura dell’Italia da parte dell’Eurogruppo, il tavolo dei ministri delle Finanze della moneta unica dominato dai rigoristi Dijsselbloem e Schaeuble. Un giudizio questa volta condiviso da tutti a Bruxelles, dalle colombe come Juncker e il suo responsabile agli Affari economici Pierre Moscovici fino ai falchi come i vicepresidenti della Commissione Katainen e Dombrovskis.
Insomma, difficile che l’Italia possa riuscire a strappare altri trattamenti di favore. Si può invece ragionare sui “tempi”. Bruxelles la scorsa settimana ha chiesto al governo italiano un chiarimento e un impegno pubblico a correggere i conti entro il primo febbraio; Gentiloni e Padoan, invece, cercano di ottenere più tempo per definire un intervento, anche se sembra difficile andare oltre il mese di marzo.