C’è un articolo che gira sul web. Correva l’anno 1993. A firmarlo, sul Corriere della Sera, è Elisabetta Soglio. Siamo a Milano ed è l’indomani di uno scontro tra poliziotti e centri sociali, a cominciare dai ragazzi del centro più storico del capoluogo lombardo, il Leoncavallo. All’interno di un articolo dal titolo eloquente – “Leonka, scoppia la rabbia dei poliziotti” – un trafiletto su un personaggio allora sconosciuto. Si chiama Matteo Salvini e da qualche mese è stato eletto al consiglio comunale.
La sera prima era intervenuto su quegli scontri, tanto che il capogruppo di allora del Pds, Stefano Draghi, aveva definito quell’intervento “equilibrato”. Pensate. In quell’occasione, infatti, Salvini aveva detto che “nei centri sociali ci si trova per discutere, confrontarsi, bere una birra e divertirsi”. E questo perché lui per primo “dai 16 ai 19 anni […] il mio ritrovo era il Leoncavallo. Stavo bene, mi ritrovavo in quelle idee, in quei bisogni”. Fa decisamente strano guardare il ministro dell’Interno, 26 anni dopo. Qualche giorno fa, durante un comizio nelle Marche, è stato fischiato mentre parlava di sanità. “Ma questi fischiano anche quando si vogliono riaprire gli ospedali? Ma se state male dove c***o andate al centro sociale?”, ha risposto lui.
Ma non stupisce, considerando che solo tre giorni fa il leader leghista ha affermato che i centri sociali hanno la stessa utilità dei campi rom, riuscendo ad offendere due categorie con una sola frase. Ma Salvini è fatto così: ha bisogno di un nemico contro cui indirizzare il suo elettorato. E così, come in una sorta di ruota che gira all’impazzata, finisce col contraddirsi, col rinnegarsi, col percularsi. Il risultato sono mille giravolte, tra l’inquietante e l’imbarazzante.
OHI, MARIA! Accanto ai centri sociali, infatti, c’è di tutto. L’ultima perla è quella della cannabis light, nemico numero uno (l’ennesimo) per il Salvini di questi ultimi giorni, nel tentativo di confondere e far dimenticare la tegola del caso Siri. Pochi, però, ricordano pro-maria. “Noi ci rapportiamo alle tematiche classiche della sinistra, dalla forte presenza statale alla liberalizzazione delle droghe leggere”. Correva l’anno 1998 e quello che sarebbe diventato il leader della Lega parlava così al giornale Il Sole delle Alpi. Anche lo scorso ottobre, intervistato in tv a Coffee Break su La7, aveva aperto alla legalizzazione (“Parliamone”, disse).
Tutto dimenticato, tutto archiviato, in nome dell’ennesima girandola salviniana. E che dire, ancora, del Tav. Oggi la Lega ha le idee più che chiare: “Non è un mistero che siamo a favore della Tav. Noi possiamo risparmiare ancora un miliardo, Francia e Europa possono fare di più, ma dobbiamo essere collegati con l’Europa e abbiamo le Alpi”, hanno detto in più occasioni i leader leghisti. Ma hanno detto anche altro. Sulla rete, accanto a foto ritoccate (come quella che qui sopra pubblichiamo, frutto di satira) ci sono volantini che offrono un’altra narrazione: un Carroccio contro il Tav, con paginoni della Padania che pongono seri dubbi sull’opera: “La protesta della Val Susa non va ignorata, bisogna comprendere le ragioni della gente”, diceva in un’intervista del 2005 Roberto Maroni. E con lui, al seguito, Matteo Salvini.
MAGLIETTE DI OGNI TIPO. Finita qui? Certo che no. Come non ricordare i cori contro Napoli, nella più clamorosa, grottesca, viscida giravolta salviniana. “Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani…” cantava l’attuale ministro dell’Interno, salvo poi rifarsi una verginità con lo scopo di eliminare la parola “Nord” dal nome del partito e andare a fare – come ha fatto – incetta di voti al Sud, in mezzo a gente senza memoria e, forse, senza vergogna. E così le magliette “Padania is not Italy” (vedi foto qui sopra) hanno lasciato il posto a felpe con su scritto “Napoli”, “Cagliari”, “Bari”, “Palermo”. Finanche “Isernia”. Giusto per non farsi mancare nulla.
E uguali giravolte il nostro leghista le ha fatte anche sull’euro. Sarebbe curioso chiedere a Salvini se sia il caso di uscire dalla moneta comunitaria. Oggi dirà senz’altro di no. Eppure era proprio lui che indossava la maglietta – ancora! – con su scritto “basta euro”. E fu sempre lui a indire referendum (esattamente come i 5 Stelle…) per chiedere l’uscita proprio dall’euro. E, ancora, le trivelle. Finché c’era da battagliare contro il Governo di Matteo Renzi, la Lega era assolutamente contraria, salvo poi andare al Governo e litigare col ministro Sergio Costa per chiedere sempre più buchi in mare in nome del dio denaro.
L’ULTIMA GIRAVOLTA. Ma la ciliegina sulla torta il ministro l’ha regalata poco tempo fa, sul caso della nave Diciotti. Prima spavaldo, alla notizia dell’indagine su di lui, diceva in una immancabile diretta Facebook: “Mi chiamo Matteo Salvini, non sono ignoto, processatemi pure”. Salvo poi rifugiarsi nel voto, ovviamente contrario all’autorizzazione a procedere, del Senato. Prepariamoci, dunque. Il leader leghista regalerà altre incantevoli girandole. Magari, chissà, un giorno dirà che l’Italia deve essere un Paese accogliente e soccorrere chi rischia di morire in mare.