Riescono a mettersi d’accordo solo se c’è da fare la guerra ai poveri, dallo smantellamento del Reddito di cittadinanza al no all’introduzione di una legge sul salario minimo. Su tutto il resto, nella maggioranza di centrodestra volano gli stracci. Che si tratti di giustizia o di fisco, di Autonomia differenziata o di Mes. Ma la lista è lunga: dai distinguo sulla guerra in Ucraina al caso Santanchè passando per le alleanze in vista delle Europee.
Le ultime partite più infuocate riguardano sicuramente giustizia e fisco. Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non si tocca, ha detto la premier, stoppando definitivamente le ambizioni del suo guardasigilli Carlo Nordio. Che aveva ribadito la necessità di rimodulare quel reato perché “evanescente”. Un’uscita che, per i tempi e i modi in cui è stata fatta, a ridosso dell’anniversario della strage di via D’Amelio, ha fatto saltare sulla sedia Giorgia Meloni. E pazienza se Forza Italia sponsorizzava l’obiettivo di Nordio. “Da un punto di vista giuridico – ha detto il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani – credo abbia ragione il ministro Nordio. Credo voglia rafforzare la lotta alla malavita organizzata e non indebolirla”.
L’alt nella maggioranza sul concorso esterno
Dagli altri alleati, invece, è arrivato l’alt. Dal sottosegretario Alfredo Mantovano, molto vicino alla premier, al leader della Lega e vicepremier, nonché ministro, Matteo Salvini. Secondo cui un intervento sul concorso esterno in associazione mafiosa “non è la priorità”. “Non vi è alcuna previsione di modificare la legislazione antimafia se non in senso più punitivo di quanto oggi già non sia”, ha insistito ieri il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti.
L’altro braccio di ferro è sull’abolizione dell’abuso di ufficio, che a differenza dell’altro intervento, è contenuto nella riforma della giustizia che è in attesa del via libera del Colle. Per Nordio “era l’unica soluzione possibile”. E anche per Forza Italia è una bandiera: su abuso d’ufficio e traffico di influenze “siamo decisi a portare in fondo la nostra proposta e Nordio da questo punto di vista non farà sconti”, ha detto il viceministro azzurro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto. Meno granitica appare la posizione di FdI.
“Nel percorso parlamentare agiremo in modo che la norma sia coerente con la Costituzione”, assicura il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani (FdI). È la disponibilità che avrebbe esplicitato anche la premier al Capo dello Stato. La Lega, da sempre, è stata favorevole a intervenire, circoscrivendo il reato, ma assolutamente contraria ad azzerarlo.
Anche sul fisco agitazione nella maggioranza
Sul fisco ad agitare le acque nella maggioranza è stata la sparata di Salvini che è tornato a cavalcare uno dei suoi cavalli di battaglia: una grande e definitiva pace fiscale. Una proposta che cade quando da poco si erano smorzate le polemiche sulla frase della premier che, a proposito della lotta all’evasione fiscale tra i piccoli commercianti, aveva parlato di pizzo di Stato.
Ma l’uscita del vicepremier leghista, immediatamente sposata dagli azzurri di Forza Italia con l’adesione entusiasta di Tajani, pare abbia disturbato lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti (collega di partito di Salvini) e il suo vice, Maurizio Leo di Fratelli d’Italia. Il motivo è chiaro. A ottobre e novembre scadono le due rate per chi ha aderito alla rottamazione quater. La prospettiva salviniana, che lascia intravedere un condono ancora più generoso, potrebbe indurre i contribuenti a non versare quanto pattuito. Non è un caso che, sempre Foti, sulla pace fiscale abbia così commentato: “In genere si parla di atti che esistono, di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno…”
Tempo al tempo
Poi c’è il capitolo dell’Autonomia differenziata. Qui è la Lega contro tutti. A frenare con FdI c’è Forza Italia. Che la strada dell’Autonomia sarà lunga, lo hanno fatto capire i senatori FdI, secondo cui quella sull’Autonomia differenziata è “una riforma che porteremo a termine entro questa legislatura e che, insieme alla riforma istituzionale, renderà l’Italia più moderna ed efficiente”. L’orizzonte, dunque, appare lungo, l’obiettivo invariato: riforme istituzionali e Autonomia devono marciare insieme.
Nonostante gli auspici di Salvini che vorrebbe vedere il ddl Calderoli approvato prima delle elezioni europee, per giocarselo in campagna elettorale. Poi c’è il capitolo Mes. Fosse per Meloni manco se ne dovrebbe parlare. Ma la realpolitik impone che prima o poi il trattato vada ratificato per non irritare l’Europa, come dimostra la nota diffusa dal gabinetto del Mef, presieduto dal leghista Giorgetti, che ne ha evidenziato gli aspetti positivi.
In questo caso il no ostinato di Salvini, che ha pure sbugiardato il suo ministro, innervosisce la premier che non vuole trovarsi da sola a sostenere il peso politico del sì al salva- Stati. Se FdI è convinta del sostegno militare e finanziario all’Ucraina senza se e senza ma, la Lega spinge per l’apertura di un canale diplomatico e negoziale per porre fine al conflitto ed è sensibile all’opinione degli italiani contrari a mandare armi all’infinito, nel timore che si aggravi e allarghi la guerra in atto.
Altro capitolo che la dice lunga sulle tensioni in maggioranza tra Meloni e Salvini è stato il pressing della Lega sul caso Santanchè perché la ministra riferisse alle Camere. Degno di menzione è, infine, lo scontro che si è consumato sul tema delle alleanze, in vista delle Europee, tra Forza Italia e Lega, con l’azzurro Tajani che ha detto no all’ipotesi di stringere patti con il Rassemblement national di Marine Le Pen e Alternative für Deutschland, con cui Salvini va d’amore e d’accordo.