Sarebbe dovuta diventare una delle opere strategiche più importanti dell’intero Mezzogiorno. Non a caso la prima volta che se ne parla è con la legge Obiettivo, la legge del 2001 ideata per la realizzazione delle grandi infrastrutture strategiche in Italia. Eppure la cosiddetta “Piastra portuale di Taranto”, il mega-progetto per migliorare la dotazione infrastrutturale del porto, è per ora rimasto un sogno sgangherato, visti i ritardi accumulati, la spesa che intanto è lievitata e i fondi che, pure se a disposizione, si è ben pensato di non spendere. Ma partiamo dall’inizio. L’idea di creare un sistema integrato nasce, come detto, nel 2001 ed è un progetto importante perché contraddistinto da cinque opere specifiche: la piattaforma logistica, destinata a offrire servizi per lo stoccaggio delle merci; l’adeguamento della “strada dei moli” (per il collegamento organico di tutti i moli del porto con la rete stradale); l’ampliamento del IV sporgente, con l’obiettivo di aumentare i punti di attracco per le navi; la relativa sistemazione della darsena; e infine la vasca di contenimento dei fanghi di dragaggio per la raccolta dei sedimenti derivanti dalla realizzazione del IV sporgente.
Dall’idea al progetto preliminare, però, passano due anni. Siamo nel 2003. Tutto normale, ci mancherebbe. Un po’ meno il fatto che quello definitivo, invece, venga approvato nel 2011. Otto anni dopo. Con un aumento dei costi: rispetto ai 156 milioni preventivati nel progetto preliminare, si è passati a 219 (più 63 milioni). La ragione? Ovviamente i ritardi accumulati ma anche perché – tutto vero – nel progetto preliminare ci si era “dimenticati” di inserire tra gli interventi la realizzazione della vasca di dragaggio. Tu chiamale se vuoi: distrazioni.
Lento pede – Fa niente: si chiudono anche tutti e due gli occhi quando c’è di mezzo un’opera così importante. Domanda: a distanza di ulteriori sei anni, il mega-progetto avrà visto la luce? La risposta arriva da una dettagliata relazione della Corte dei conti. Dei cinque interventi (“inscindibili” gli uni dagli altri, scrivono i magistrati contabili), alcuni non sono mai partiti, altri sono arrivati a conclusione. Ma come? Vediamo. La strada dei moli è stata inaugurata questo settembre ma “in ritardo rispetto alla data prevista”; la piattaforma logistica, invece, è stata inaugurata addirittura nel dicembre 2015. Bene, si dirà. Peccato che l’intervento strutturale “non è stato ancora collaudato e non è agibile in quanto privo di allacciamenti ai pubblici servizi”. Insomma, ritardi su ritardi. Imputabili, dice la Corte, a “una serie di criticità”. Ma tra tutte quella che lascia più increduli è la “stasi nell’utilizzo delle risorse finanziarie complessivamente disponibili”. Già, perché i soldi c’erano: la relazione non a caso parla di “una massa di risorse finanziarie disponibili già da anni, ma non utilizzate”. Qualche esempio? I 16,2 milioni relativi al finanziamento di 21,5 milioni addirittura del 2003; o i 12,9 milioni del finanziamento di 33,6 milioni per il 2014. Che fine abbiano fatto, non si sa. Certo è che, avverte la Corte, se le criticità dovessero persistere, potrebbero “continuare a condizionare il buon esito dell’iniziativa”.
Tw: @CarmineGazzanni