Il Tar del Lazio, con una sentenza che farà molto discutere, ha deciso che la trasmissione Report dovrà svelare le sue fonti utilizzate nell”inchiesta dal titolo “Vassalli, valvassori e valvassini” del 26 ottobre 2020 (qui su RaiPlay la puntata) dedicata sull’avvocato Andrea Mascetti, vicino alla Lega e al governatore lombardo Attilio Fontana.
Il Tar ha dato ragione al legale ordinando l’accesso agli atti in possesso della redazione di Report che, quindi, “dovrà consentire al ricorrente, entro giorni trenta dalla comunicazione o notificazione (se anteriore) della presente sentenza (18 giugno 2021, ndr), l’accesso agli atti e ai documenti”.
La sentenza fa riferimento alla “documentazione connessa all’attività preparatoria di acquisizione e di raccolta di informazioni riguardanti le prestazioni di carattere professionale svolte dal ricorrente in favore di soggetti pubblici, confluite nell’elaborazione del contenuto del servizio di inchiesta giornalistica mandato in onda, nello specifico avente ad oggetto la rete di rapporti di consulenza professionale instaurati su incarico di enti territoriali e locali”.
La Rai ha annunciato di aver conferito mandato per impugnare davanti al Consiglio di Stato la decisione su Report “con la quale l’attività giornalistica, ove svolta dal servizio pubblico, è stata inopinatamente assimilata ad un procedimento amministrativo”. Rai, si legge in una nota, si attiverà in ogni sede per garantire ai propri giornalisti il pieno esercizio della libertà d’informazione e la tutela delle fonti.
“La sentenza del Tar del Lazio che autorizza l’accesso agli atti di Report – scrivono in una nota FNSI e Usigrai – apre un precedente pericolosissimo. Rispettare le sentenze, non vuol dire non poterle criticare. E anzi sono l’occasione per chiedere nuovamente a governo e parlamento la necessita’ di un chiarimento urgente sulla natura giuridica della Rai”.
“I giornalisti che fanno informazione in Rai – aggiungono FNSI e Usigrai – non possono essere paragonati a funzionari della Pubblica Amministrazione. Pertanto le norme sull’accesso agli atti devono soccombere di fronte al diritto / dovere del giornalista di tutelare le proprie fonti. Altrimenti nei fatti si azzererebbe qualunque possibilità per i giornalisti Rai di fare il proprio lavoro, e ancor di più di fare giornalismo investigativo, così come nei doveri del Contratto di Servizio. La sentenza del Tar del Lazio condanna nei fatti il giornalista Rai a essere un giornalista di serie B. Siamo certi che la Rai farà appello con urgenza in Consiglio di Stato”.
Parla di sentenza “gravissima e incostituzionale, con la quale si chiede di rivelare fonti giornalistiche” il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci. “Cosa deve fare Mascetti con quegli atti? Vuole sapere chi ci ha rivelato le sue consulenze? Deve venire l’esercito – ha aggiunto Ranucci – a prendere gli atti riguardanti le nostre fonti, noi non li daremo mai, tuteleremo le fonti fino alla morte”.
“Se dovesse passare il principio espresso dal Tar – commenta ancora il conduttore della trasmissione d’inchiesta – , quale fonte si affiderebbe più a Report o ad un altro giornalista del servizio pubblico? Sono sicuro che la Rai impugnerà questa sentenza, perché l’esercizio dell’attività giornalistica è nella ‘mission’ del contratto di servizio e perché la Rai, nonostante gli attacchi, è un luogo di libertà”.
Ranucci rileva quindi che “anche l’ostensione degli atti riguardanti una semplice trasferta comunque porterebbe a rintracciare le fonti e, dunque, anche questo non è consentito. Siamo invece disponibili a rendere ostensibile la lettera che abbiamo mandato a Mascetti nella quale gli chiedevamo conto delle sue consulenze e se fosse vero che avesse un ruolo occulto all’interno della Lega. Lui ha smentito – conclude Ranucci – ma ciò che abbiamo mostrato nel nostro servizio testimonia il contrario”.