Dopo il terremoto giudiziario lombardo, in Procura proseguono a ritmo serrato gli interrogatori degli indagati. E ieri, come preannunciato nei giorni scorsi, è stata la volta del governatore leghista Attilio Fontana, nell’inchiesta dal sapore di una moderna tangentopoli, accusato di abuso d’ufficio. Tre interminabili ore, tanto è durata l’audizione davanti ai pm, in cui il fedelissimo di Matteo Salvini, accompagnato dal proprio difensore Jacopo Pensa, ha rigettato tutte le accuse. “Ho chiarito tutto, sono più che sereno e ho spiegato quella che era la mia posizione” ha dichiarato il presidente di Regione ai giornalisti prima di lasciare di fretta e furia gli uffici giudiziari.
Per l’avvocato Pensa, le contestazioni dei pm al governatore sono “fatti di poco conto”. Eppure i magistrati non sembrano pensarla così perché secondo loro l’esponente della Lega sarebbe venuto meno al proprio dovere di imparzialità, nominando a fine ottobre scorso il suo ex socio di studio, l’avvocato Luca Marsico, come componente esterno del “Nucleo di Tutela e Verifica degli investimenti pubblici” in Regione, con una delibera firmata da un dirigente regionale e dallo stesso governatore che ne aveva caldeggiato la nomina.
A dirla tutta l’incarico, retribuito con 11.500 euro all’anno, era stato assegnato attraverso un avviso pubblico a cui avevano partecipato 60 candidati ma quel che ha fatto drizzare le antenne dei magistrati è che alla fine a spuntarla era stato proprio l’amico di Fontana. Accuse tutt’ora da dimostrare a cui lo stesso presidente della Regione Lombardia aveva risposto raccontando che era stato fatto tutto con “una procedura trasparente e tracciabile” tanto che, se così non fosse stato, non si sarebbe esposto in prima persona come invece è accaduto.
Ben più ingarbugliata la questione che riguarda il forzista Fabio Altitonante, il consigliere lombardo arrestato per corruzione e finanziamento illecito. Il politico venerdì era stato sentito dal gip Raffaella Mascarino ed era stato il primo a spezzare il muro di silenzi attorno alla vicenda. In quell’occasione aveva spiegato che i 25mila euro versati dall’imprenditore Daniele D’Alfonso, quest’ultimo arrestato con l’aggravante di aver favorito una cosca della ‘ndrangheta, non erano stati nulla più che un versamento regolare per la campagna elettorale del collega di partito Pietro Tatarella. Dopo la sua audizione Altitonante aveva chiesto la revoca dei domiciliari ma per lui ieri è arrivata la doccia fredda perché, secondo il gip, il politico è tutt’ora influente e potrebbe continuare a commettere i reati per cui è stato arrestato.