Se Antonio Tajani non si chiamasse Tajani, se non fosse l’attuale ministro agli Esteri di questo governo e se non fosse il leader di uno dei partiti di maggioranza, probabilmente sarebbe quasi ogni giorno sulle prime pagine dei giornali di destra, quelli dichiarati e quelli travestiti. Sarebbe sicuramente additato come “amico di Hamas”, come “nemico di Israele” e magari gli darebbero la direzione artistica di un teatro solo per il gusto di potergliela togliere.
Se Antonio Tajani non si chiamasse Tajani, se non fosse l’attuale ministro agli Esteri, sarebbe sicuramente additato come “amico di Hamas” o “nemico di Israele”
Ieri Tajani mentre si trovava in Lussemburgo ha ricordato che “Israele ha il diritto di difendersi ma in modo proporzionato, senza colpire indiscriminatamente la popolazione civile a Gaza”. “Abbiamo detto a Israele di reagire colpendo le sedi di Hamas, evitando di colpire la popolazione civile che non ha alcuna responsabilità, così come ci siamo preoccupati anche dei palestinesi cristiani, ho sentito più volte il cardinale Pizzaballa, e stiamo lavorando proprio perché da parte israeliana non ci sia un’azione che possa colpire la popolazione civile che non hanno alcuna responsabilità”, ha detto il ministro degli Esteri arrivando al Consiglio Ue Affari esteri.
Poi ha aggiunto: “Bisogna sempre far sì che le notizie siano fondate, per evitare anche di dare adito alle popolazioni arabe di reagire in maniera ferma e dura contro Israele. Quando le notizie non sono vere bisogna far sì che non ci sia un’enfatizzazione di falsità”. È lo stesso ministro che in questi giorni chiede di non soffiare sul fuoco di un pericolo di attentati che non ha riscontri. A questo punto una domanda è d’obbligo: Tajani è diventato un pericoloso comunista con inclinazioni terroristiche oppure quegli altri si sono ridicolmente spostati?