Davanti alle mosse di Donald Trump, sempre più orientate a ritirare le truppe statunitensi dalle zone calde del pianeta, a Taiwan si respira un’aria pesante. Proprio per questo, Raymond Greene, direttore dell’American Institute in Taiwan (AIT) – l’ente che supervisiona le relazioni tra Washington e Taipei in assenza di una rappresentanza diplomatica ufficiale – ha dichiarato di aspettarsi che “per rendere l’America e Taiwan più sicure, raddoppieremo il nostro impegno per supportare le capacità di autodifesa di Taiwan, oltre ad assisterla nella costruzione della resilienza dell’intera società”.
A Taiwan si respira un’aria pesante e dopo le recenti provocazioni della Cina, l’American Institute chiede a Trump di non abbandonare l’isola
Greene si è inoltre detto certo che gli Stati Uniti, una volta concluso il conflitto in Ucraina, riprenderanno a rifornire di armi Taipei, dove ormai da diverse settimane si registrano crescenti ritardi nelle spedizioni di aiuti militari.
Questo perché, spiega Greene, “la Cina di Xi Jinping sta mostrando un comportamento sempre più aggressivo nella regione indo-pacifica”, motivo per cui è necessario che gli Stati Uniti accelerino le consegne, in particolare di armi per la guerra asimmetrica, così da garantire la deterrenza ed evitare un conflitto che appare sempre più probabile.
Difficile dargli torto visto che Pechino considera l’isola come una provincia ribelle da convincere, con le buone o le cattive, alla riunificazione con la Cina.