Con la legislatura agli sgoccioli, il Parlamento si sveglia e decide di dare la caccia a vitalizi e stipendi dei parlamentari. Tutto bellissimo, penserà qualcuno. Se non fossimo in Italia e non sapessimo già come andrà a finire questa ennesima puntata del “dagli alla Casta”: in una bolla di sapone. Magari col condimento del solito scambio di accuse fra i partiti per mostrare agli italiani chi detiene veramente la patente di paladino della lotta ai privilegi e chi invece sta bluffando. I fatti dicono che ieri la commissione Affari costituzionali della Camera ha dato il via libera all’abbinamento di due proposte di legge: quella della 5 Stelle Roberta Lombardi sul “trattamento economico e previdenziale spettante ai membri del Parlamento” (che fra le altre cose chiede di stabilire un ammontare fisso per l’indennità pari a 5mila euro lordi al mese per 12 mensilità) e quella di Matteo Richetti (Pd) che prevede il ricalcolo contributivo delle pensioni di ex deputati e senatori e consiglieri regionali. I famigerati vitalizi, tanto per intenderci, che solo nel 2016 hanno pesato sui bilanci delle Camere per 218 milioni totali.
Nonostante il contestato contributo di solidarietà applicato agli ex deputati (ma non ai senatori) dal 1° maggio scorso, sul quale pende la minaccia dei ricorsi, adesso gli eletti hanno arditamente deciso di gettare il cuore oltre l’ostacolo. L’unica certezza per il momento è che pdl Richetti andrà in Aula il 31 maggio. Già oggi il deputato di fede renziana, portavoce della mozione congressuale dell’ex sindaco di Firenze, presenterà il testo base (il termine ultimo per gli emendamenti è fissato a venerdì 26). Ma è sui tempi e sui numeri in Parlamento che la partita rischia di essere persa già in partenza. La proposta di Richetti, che ieri Renzi ha rivendicato con orgoglio durante il Matteo risponde attaccando i 5 Stelle (“è un mentitore seriale”, la risposta dei grillini), è stata infatti depositata il 9 luglio 2015. Quasi due anni fa. Per poi essere rispolverata, guarda caso, proprio nel momento in cui la campagna elettorale è entrata nel vivo. Alla Camera, Pd e Movimento hanno dalla loro la maggioranza per farla passare: sommando i 282 deputati dem e gli 88 grillini si arriva infatti a 370 eletti, 55 in più della soglia minima richiesta.
Ma è a Palazzo Madama che la legge rischia di essere affossata. Lì l’unione non fa la forza, visto che dopo la scissione dei bersaniani il partito di Largo del Nazareno e quello di Beppe Grillo contano in tutto 134 senatori e ne servono 161. Soglia che si potrebbe raggiungere contando Mdp, ma basterebbe un raffreddore improvviso o un senatore in missione a far saltare il banco. Poi, manco a dirlo, c’è il calendario. La pdl Richetti dovrà “incastrarsi” fra molti altri provvedimenti, alcuni dei quali fermi da anni tra Camera e Senato (primo fra tutti la legge elettorale). Senza contare la pausa estiva – solitamente un mese fra agosto e inizio settembre – e la sessione di bilancio che comincia a ottobre. Insomma, siamo fuori tempo massimo.
Twitter: @GiorgioVelardi