Taglio ai vitalizi, la Camera ci ripensa? Basta decifrare il comunicato bizantino con cui il consiglio di giurisdizione (presidente Alberto Losacco, Pd, più Stefania Ascari, M5S, e Silvia Covolo, Lega) ha concluso ieri (all’unanimità) l’esame dei ricorsi contro la delibera taglia-vitalizi di Montecitorio per avere più di un dubbio: se non siamo all’indietro tutta, poco ci manca. Tanto che l’associazione degli ex parlamentari, capitanata dal rifondarolo Antonello Falomi (4 giri tra Camera e Senato) e dal mitologico dc Gerardo Bianco (9 legislature), già festeggia l’”annullamento di alcune norme, particolarmente scandalose e vessatorie, che impedivano a ex-parlamentari in gravi condizioni di reddito e di salute di vedersi diminuita l’entità del taglio”.
ARRIVA LA DEROGA. In realtà, Losacco & Co. hanno solo dato il via libera al riesame di “singole e specifiche situazioni individuali”, attribuendo al collegio dei questori e all’ufficio di presidenza la possibilità di allargare i cordoni della borsa nei casi in cui, per effetto del taglio, gli onorevoli siano incappati in “una grave e documentata compromissione delle condizioni di vita personale o familiare”. L’eventualità era prevista, in teoria, anche dalla delibera taglia-vitalizi del 2018: l’articolo 1, al comma 7, dava infatti la possibilità di incrementare, fino a un massimo del 50 per cento, l’assegno per gli ex deputati con invalidità al 100 per cento e un reddito non superiore all’assegno sociale Inps.
“Ma quanti ex parlamentari vivono con l’equivalente della pensione sociale? Erano condizioni capestro”, spiega Franco Grillini, ex deputato Ds e autore di uno dei 1.400 ricorsi di Montecitorio. Affetto da un mieloma e ora pure reduce dal Coronavirus, il fondatore dell’Arci gay è invalido totale, si muove a fatica, ha bisogno di assistenza e con 1500 euro al mese di vitalizio è in seria difficoltà. Giusto un anno fa si è visto respingere dai questori (“senza spiegazioni”) la richiesta di un’integrazione dell’assegno, e ora sarà tra i primi a ripresentare domanda. Come lui, quanti altri?
SPERIAMO BENE. Ai piani alti di Montecitorio fanno gli scongiuri. E aspettando l’ondata degli invalidi e degli indigenti (l’augurio? “non tantissime” domande), su Facebook Roberto Fico fa la faccia severa: “L’impianto della delibera resta immutato come i risparmi per Montecitorio che sono di oltre 44 milioni di euro l’anno”, assicura. E minimizza: “La modifica riguarda l’ampliamento dei casi in cui le persone che versano in situazioni molto gravi potranno avere un taglio ridotto. Questi casi verranno valutati singolarmente, prima dal Collegio dei Questori e poi dall’Ufficio di Presidenza”. Garantisce: “La delibera che ricalcola i vitalizi è un provvedimento serio e giusto, che rivendico in pieno. E resta in vigore”.
FUTURO INCERTO. Sì, ma la sentenza Losacco porta qualche modifica. Fondamentale. Potrebbero sparire, a quel che si capisce, i due requisiti in contemporanea, indigenza e invalidità. E così il tetto del 50 per cento per l’incremento del vitalizio. Compare invece la discrezionalità dei questori e dell’ufficio di presidenza sui singoli casi. E proprio la discrezionalità, sperano oggi molti ex, potrebbe rivelarsi il grimaldello per recuperare, almeno in parte, il vitalizio perduto: basterebbe un cambio ai vertici di Montecitorio, basterebbe l’avvento di una presidenza meno rigorista, per allargare un domani le maglie delle deroghe e beneficiare tutti i vecchietti purché dotati di qualche acciacco. Con tanti saluti al “provvedimento serio e giusto” di Fico.
Fatta la legge, trovato l’inganno.
Fatta la legge, scovato l’inganno. Anche sui vitalizi. E’ la storia della riforma che dal 1° gennaio 2012 ha introdotto per i parlamentari il sistema di calcolo contributivo e riconosciuto il diritto a ricevere la pensione, dopo un mandato di almeno 5 anni, solo al compimento dei 65 anni di età, abbassando il limite di 12 mesi per ogni anno di mandato oltre il quinto. Minimo inderogabile per incassare il vitalizio: 60 anni. Già nel 2018 un nutrito gruppo di ex deputati – tra cui l’ex finiano Italo Bocchino, il leghista Daniele Molgora, l’ex azzurro e tra i fondatori di Forza Italia Mario Valducci, gli ex An Roberto Menia, Mario Landolfi e Filippo Ascierto – è riuscito a ottenere uno sconto sull’età pensionabile grazie al Collegio d’appello di Montecitorio.
Record per l’ex vice presidente del Piemonte Roberto Rosso: vitalizio accordato a soli 57 anni. Clamoroso anche l’aggiramento, da parte della senatrice Maria Elisabetta Casellati, delle norme sulla sospensione del vitalizio. Il pagamento viene infatti sospeso di default nel caso che l’onorevole pensionato assuma incarichi che comportino un’indennità “pari o superiore al 50% dell’indennità parlamentare lorda”: esattamente il caso di Lady Elizabeth, eletta componente del Consiglio superiore della magistratura nel settembre 2014 a 16 mila euro netti al mese. Rieletta nel 2018 e diventata presidente del Senato, ha ottenuto dal Consiglio di Garanzia la liquidazione di tutti gli arretrati del vitalizio: circa tre anni e mezzo.