Il voto referendario incombe, ma il “fronte del sì” latita perché tutti i leader chiacchierano molto ma fanno assai poco in concreto. Insomma dove sono Zingaretti, Salvini, Meloni? Renzi e Berlusconi hanno lasciato scaltramente libertà di coscienza, ma gli altri come mai non fanno comizi e non si impegnano? L’unico che si sta muovendo seriamente in questo senso è Luigi Di Maio. Naturalmente i giornaloni tacciono o, peggio ancora, dissimulano facendo finta di niente e sperando che la gente non se ne accorga o che il generale sole sia alleato ancora sicuro sul far dell’equinozio. Resta però il dato politico.
Incominciamo con il Pd. Nicola Zingaretti dopo aver strappato il “sì” in direzione non si impegna. È assente. Sfugge. Peggio, a Di Martedì (La7) da Giovanni Floris, ha esternato in maniera confusa ed involuta sul referendum terminando con un salviniano “Di Maio parla di costi? E chi se ne frega”, riferito appunto ai costi di cui il ministro aveva parlato poco prima. Probabilmente intendeva dire che non è solo quella la ragione del sì ma gli è uscita male provocando malumori in ambito grillino. A questo punto serve chiarezza nell’alleato Pd che troppe volte tira colpi bassi quando può. Se si va – come sembra – verso una alleanza strutturale è bene che i patti siano chiari.
Perché, sempre da Floris, Zingaretti – peraltro ancora alle prese con problemi nella Regione Lazio su mascherine e sul caso D’Amato – ha cercato di mettere zampe e zamponi dentro il piatto referendario rivendicando una bizzarra primogenitura che risale, secondo lui, al Pci. A puro titolo informativo riportiamo allora quanto detto da Umberto Terracini, uno dei padri costituenti: “Ancora oggi non v’è giornale conservatore o reazionario che non tratti questo argomento così debole e facilone. Anche se i rappresentanti eletti nelle varie Camere dovessero costare qualche centinaio di milioni di più, si tenga conto che di fronte ad un bilancio statale che è di centinaia di miliardi, l’inconveniente non sarebbe tale da rinunziare ai vantaggi della rappresentanza”. Infatti, come noto, tutta la sinistra conservatrice è dubbiosa sul taglio dei parlamentari per un problema di rappresentanza.
PAROLE, PAROLE, PAROLE. Discorso diverso per Matteo Salvini e Giorgia Meloni che ufficialmente sono per il sì ma sperano per il no, visto che poi sarebbe molto più difficile accontentare tutti per andare in Parlamento e sappiamo quanto Lega e Fdi tengano ai posti al netto dei soliti proclami populisti. Indicativo di questa posizione furbetta è quanto ha dichiarato Salvini a riguardo della indicazione di voto: “Fortunatamente siamo in democrazia e il referendum è fatto a posta perché decidano i cittadini. Se qualcuno ritiene di votare no perché non è questa la riforma che salva il destino e il futuro dell’Italia, è liberissimo di votare no senza che io gli metta due dita negli occhi”.
Italia Viva e Forza Italia lasciano la pilatesca “libertà di coscienza” e quindi sono per il no di fatto, ma non lo vogliono dire apertamente nonostante il grosso della raccolta firme per il referendum, con il decisivo soccorso leghista, arrivi proprio dagli azzurri. Solo i micro partitini sono per il no. Dunque, tornando a Di Maio, è l’unico che ha preso con serietà il voto del 20-21 settembre e – come al solito – si sta impegnando allo spasimo per informare i cittadini. Come dimostra, oltre ai numerosi passaggi televisivi, il fitto calendario di eventi pubblici programmati. Che solo fino a lunedì 14 settembre lo vedrà impegnato, dall’Emilia Romagna alla Puglia, in ben undici comizi per sostenere le ragioni del Sì al taglio dei parlamentari.
Un tour de force che inizierà domani nelle Marche, a San Benedetto del Tronto prima (alle 17.30) e a Macerata poi (19.30). Poi, sabato, sarà la volta di Emilia Romagna, a Faenza (alle 11), e della Toscana. Dove Di Maio farà tappa a Cascina (alle 16) e a Viareggio (alle 18). Mentre la domenica sarà dedicata interamente al Mezzogiorno, con quattro appuntamenti tra la Puglia e la Basilicata: a San Vito dei Normanni (alle 11.30), Ginosa (alle 15.30), Matera (alle 17), Adelfia (alle 19) e, per finire, ad Andria (alle 21). Lunedì, sarà invece la volta del Lazio con appuntamento unico a Civitavecchia (alle 19.30). Insomma, se c’è un leader che ci sta mettendo la faccia, spendendosi per le ragioni del Sì al referendum, è certamente Di Maio. Su questo non ci sono dubbi.