L’obiettivo di una crescita all’1% entro l’anno, come auspicato e messo nero su bianco dal governo, diventa sempre più irraggiungibile. La Commissione europea nelle previsioni economiche d’autunno ha ritoccato al ribasso le stime di crescita del Pil per l’Italia: 0,7% nel 2024; 1% nel 2025 e 1,2% nel 2026. A maggio, con le stime di primavera, era prevista una crescita dello 0,9% per quest’anno e dell’1,1% per il 2025. Il Mef ha invece indicato una crescita dell’1% per il 2024; 1,2% per il 2025 e 1,1% nel 2026.
Impietoso il confronto della crescita dell’Italia con il PIl dell’eurozona e dell’Ue
Per fare un confronto, il Pil dell’Eurozona è stimato allo 0,8% per il 2024; 1,3% nel 2025 e 1,6% per il 2026. Quello dell’intera Ue per il 2024 è dato allo 0,9%, all’1,5% nel 2025 e all’1,8% nel 2026. La Germania per quest’anno è prevista in recessione (-0,1%) per recuperare gradualmente nel 2025 (0,7%) e 2026 (1,3%). La Francia invece risulta più brillante quest’anno (1,1%) per poi rallentare nel 2025 (0,8%) e riprendere slancio nel 2026 (1,4%). La Spagna quest’anno crescerà del 3%, l’anno prossimo del 2,3% e del 2,1% nel 2026.
In termini di confronto, dunque, risulta smontata la narrazione del duo Meloni-Giorgetti secondo cui cresciamo più degli altri. Quest’anno facciamo meglio solo della Germania e siamo sotto la media dell’eurozona e dell’intera Ue in tutti e tre gli anni. Nel 2026 l’Italia con l’1,2% tornerebbe a crescere meno di tutti i Paesi Ue. La supererà di poco anche la Germania (1,3%). Nelle analisi per Paese, la Commissione europea scrive che si prevede che il Pil reale italiano crescerà dello 0,7% nel 2024, sostenuto dagli investimenti e dal calo delle importazioni. L’attività economica è destinata a crescere rispettivamente dell’1% e dell’1,2% nel 2025 e nel 2026, con l’aumento dei consumi e l’accelerazione della spesa correlata al Recovery.
Il debito italiano è previsto in aumento
Si prevede che l’inflazione scenderà all’1,1% quest’anno, salirà all’1,9% nel 2025 e scenderà di nuovo leggermente nel 2026. Si prevede che l’eliminazione graduale di consistenti crediti d’imposta per l’edilizia abitativa (Superbonus) e le entrate sostenute spingeranno il deficit pubblico in modo significativo verso il basso nel 2024, al 3,8% del Pil.
Si prevede che il deficit scenderà ulteriormente nel 2025 e nel 2026, a poco meno del 3% del Pil. Al contrario, il rapporto debito/Pil è destinato ad aumentare nel periodo di previsione, raggiungendo il 139,3% nel 2026 (dal 134,8% del 2023), a causa dell’impatto ritardato dei crediti d’imposta per la ristrutturazione degli alloggi accumulati nel deficit fino al 2023.
Non solo Pil, la polemica tra Gentiloni e il M5S sul Superbonus
Per il commissario uscente all’Economia, Paolo Gentiloni, l’impatto del Superbonus è stato più negativo che positivo. Parole che hanno provocato l’ira del M5S che ha rinfacciato a Gentiloni le sue responsabilità per un Patto di stabilità e crescita capestro. Gentiloni ha poi detto che “un’eventuale svolta protezionistica della politica commerciale statunitense sarebbe estremamente dannosa per entrambe le economie”, quella degli Usa e quella europea. E in particolare per Paesi più esposti. Ovvero Germania e Italia.
Ritornando ai dati sulla crescita anche Confindustria segnala uno stato di sofferenza. A fine 2024, l’economia italiana sarà sostenuta dai servizi e dal taglio dei tassi, ma l’industria resta in difficoltà, sottolinea il Centro studi di Confindustria, nella congiuntura flash, parlando di “ripartenza debole”.
Il Pil italiano, afferma il Csc, “si è fermato nel terzo trimestre, risentendo del calo nell’industria compensato dalla crescita nei servizi. Nel quarto l’economia è stimata in lieve ripartenza, trainata dal terziario e con il taglio dei tassi che può iniziare ad agevolare consumi e investimenti. Resta negativo l’export a causa della debolezza dell’Eurozona e dell’incerto scenario globale”. E va ancora male l’industria.