di Gaetano Pedullà
Tutti padroni a casa nostra. Anche chi su questa casa vuol far pagare una tassa ad ogni costo. L’ultima invasione di campo arriva dal Fondo monetario internazionale, brillante organizzazione notoriamente abilissima nel disinnescare le crisi finanziarie che impoveriscono il mondo. L’imposta sulla prima casa andrebbe mantenuta, sostengono i dirigenti del Fondo dopo una missione in Italia in cui hanno scoperto che qui c’è la disoccupazione, non c’è crescita e la diseguaglianza sociale sta aumentando a vista d’occhio. Il ministro del Tesoro ha risposto con un sibillino “Ne terremo conto”. Il Pdl – che non ha mai fatto mea culpa per non aver tagliato tasse e sprechi quando poteva – con Brunetta e Santanchè ha rialzato le barricate contro l’imposta e l’ingerenza del Fmi. Il Pd con il vicepresidente del Parlamento europeo Gianni Pittella ha fatto il solito harakiri con gli elettori precisando che l’Imu può restare, ma solo per i ricchi (ci sono ancora ricchi in Italia?) e chi la può pagare. Di sicuro, nel giorno in cui la Banca centrale ha promesso un periodo ancora lungo di tassi bassi e aiuti a un sistema finanziario europeo pressoché in coma, dalle burocrazie economiche arrivano le solite ricette: rigore, tagli, tasse, sacrifici. Ricette che abbiamo visto quanto funzionano. Se va bene ammazzano il paziente. E dire che solo poche ore prima Bruxelles ci aveva dato un po’ di respiro sui conti. Respiro corto se si continuano ad ascoltare le Cassandre che non sanno vedere l’unica strada per ripartire: tagliare, tagliare e ancora tagliare le tasse, insieme alla spesa pubblica improduttiva e ai privilegi delle caste che non possiamo più permetterci. Enrico Letta l’ha già detto: non ama una politica che batte i pugni sui tavoli, meno che mai in Europa. Ma senza battere i pugni per riavere un po’ del tantissimo che abbiamo dato (solo il valore folle del concambio tra la lira e l’euro grida ancora vendetta) metta almeno un freno a chi pensa di toglierci ancora dell’altro.