di Stefano Sansonetti
Il taglio delle bollette elettriche, ammesso e non concesso che questa sia l’espressione giusta, sarà realizzato facendo ricorso al debito. In pratica l’alleggerimento del carico su cittadini e imprese, che il governo guidato da Enrico Letta stima in circa 3 miliardi di euro, sarà “finanziato” con un’emissione obbligazionaria pubblica di lunga durata, più o meno 18 o 20 anni. A curare l’emissione sarà il Gse, Gestore dei servizi energetici, società controllata dal ministero dell’economia. Il meccanismo è complesso, ma la realtà è che non si tratta di una vera e propria riduzione dei costi energetici. E che per garantire lo sconto si è costretti comunque a far indebitare una società pubblica, che come tale spenderà soldi pubblici (e quindi dei cittadini) per rimborsare il prestito.
Il progetto è avviato
Lo sgravio sulle bollette elettriche, nei gorni scorsi, è stato più volte sbandierato dal ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato. Il quale ha chiarito che la misura troverà spazio nell’imminente decreto del Fare bis, che dovrebbe contenere altre norme su semplificazioni e liberalizzazioni. Il provvedimento è atteso per la prossima settimana, ma nel frattempo i suoi contorni vanno delineandosi. Zanonato ha già fatto capire più volte che per arrivare allo sconto si agirà sulla componente A3 della bolletta elettrica, in pratica quella che va a finanziare le imprese che operano nel settore dell’energia rinnovabile. Si tratta di una componente che vale la bellezza di 11 miliardi di euro l’anno, pagati da cittadini e imprese. Sono soldi, peraltro, che il settore delle rinnovabili, in questi giorni a dir poco in fibrillazione, vede garantiti da contratti ventennali. Il piano di Zanonato, secondo quanto risulta a La Notizia, prevede che tra i 2 e i 4 miliardi dei complessivi 11 in gioco saranno reperiti sul mercato dal Gse, la società pubblica guidata da Nando Pasquali, attraverso un’emissione obbligazionaria di titoli con scadenza a 18-20 anni. L’obiettivo, quindi, non è tanto quello di effettuare un taglio della bolletta sic et simpliciter, ma di allungare più avanti nel tempo l’erogazione delle risorse a favore del settore delle rinnovabili. Il tutto attraverso il ricorso a un’emissione di bond da parte dei una società pubblica che, nei piani dell’esecutivo, dovrebbero avere un rendimento legato a quello dei titoli di stato di pari durata. E dovrebbero essere sottoscritti da una platella all’interno della quale rientrerebbero istituzioni finanziarie, investitori istituzionali e gli stessi cittadini italiani interessati. Funzionerà? E’ presto per dirlo.
Il ministero
Una conferma del piano allo studio arriva da Leonardo Senni, capo del Dipartimento energia del ministero dello Sviluppo. Contattato da La Notizia, Senni ha premesso che “il tema è in fieri”. In più ha precisato che l’emissione obbligazionaria da parte del Gse “non viene certo fatta per creare debito all’interno del sistema elettrico”. Il discorso si lega alla scadenza degli incentivi ventennali al settore delle rinnovabili, che inizieranno a diminuire progressivamente, “per poi scendere verticalmente a partire dal 2030”. Insomma, ha proseguito Senni, l’operazione serve “a creare una coda un po’ più morbida per quella data”. E questo, appunto, spiegherebbe perché le obbligazioni in questione verrebbero a scadenza dopo 18-20 anni. Certo, Senni non si nasconde che “questa operazione ha una sua logica ma anche varie criticità, perché non è una vera e propria riduzione dei costi energetici”. Senza contare che si crea comunque debito, anche se il capo Dipartimento energia del ministero ha puntualizzato che il Gse è fuori dal perimetro del debito pubblico. Fatto sta che il cantiere è aperto. Nei giorni scorsi è stata anche sondata la Cassa depositi e prestiti per mettere a punto qualche dettaglio tecnico sul progetto finanziario.