di Gaetano Pedullà
Doveva farci uscire dalla crisi, risolvere i grandi problemi dello Stato, persino pacificare un Paese rimasto impantanato prima da Tangentopoli e poi da quasi venti anni di bipolarismo muscolare. Per questo era nato il primo governo politico dalle larghe intese. Un esperimento che ci si poteva aspettare subito con il fiato corto. Ma mai si sarebbe immaginato di arrivare a tanto: il premier che convoca a metà agosto la stampa a Palazzo Chigi e invece di tagliare decine di miliardi di spesa pubblica improduttiva annuncia che riduce i voli dei ministri e vende appena tre dei numerosi aerei a disposizione dell’esecutivo. Invece di dettare i tempi della riforma elettorale annuncia per la centesima volta che si taglierà lo spreco delle auto blu. Ora, se tutte le volte che questo provvedimento è stato annunciato, dai governi di tutti i colori, si fosse tolta di mezzo solo una vettura, oggi avremmo i ministri che vanno in autobus o in metrò (come si usa in mezza Europa) e migliaia di burocrati delle amministrazioni centrali e periferiche che viaggiano con mezzi propri. Invece, dopo ogni annuncio non è seguito quasi niente. Di auto blu ne vediamo migliaia e chi vi circola sopra non sembra minimamente vergognarsi di un privilegio che non possiamo più permetterci. Sia chiaro: i provvedimenti promessi ieri da Enrico Letta sono giusti e di buon senso. Ma il prodotto finale è modestissimo. Nessun colpo d’ala, al massimo abbiamo visto un rinvio dietro l’altro su questioni come il pagamento dell’Imu e lo stop all’aumento di un punto dell’Iva; abbiamo visto ostentare come una medaglia il pagamento invece doverosissimo di una parte dei debiti delle pubbliche amministrazioni; abbiamo visto la totale assenza di fantasia su come liberare risorse per la crescita (soldi veri, di quelli virtuali ne abbiamo sentito parlare fin troppo, ma pare non abbiano corso legale). Fortuna che le intese erano larghe. Se no da questo governo chissà che topolino piccolo piccolo che nasceva.