Il primo ad esultare per la chiara e netta posizione di Giuseppe Conte in merito all’aumento delle spese militari (leggi l’articolo) – e c’era da aspettarselo, forse – è stato Alessandro Di Battista. Da alcune settimane, dopotutto, dimostra una rinnovata intesa con l’ex premier: “Mi è capitato di criticare Conte in passato e non ho problemi a farlo quando lo reputo necessario”, ha detto all’agenzia Adnkronos, “ma attaccarlo perché ha detto che si oppone all’aumento delle spese militari vuol dire ignorare il Programma con cui il M5S si è presentato alle ultime elezioni politiche. A Conte dico di andare avanti: su queste battaglia, se fatte fino in fondo, avrà sempre il mio sostegno”.
Tensioni nei gruppi parlamentari M5S. Erano tutti all’oscuro dell’annuncio di Conte sul no all’aumento delle spese militari
Una posizione, questa, che è condivisa dalla stragrande maggioranza della base. E anche tra i parlamentari è piuttosto diffusa. “Ciò che ha infastidito semmai – spiega una fonte interna – è il metodo: noi non sapevamo nulla che Conte avrebbe rilasciato l’intervista”. Ancora una volta, ciò che in realtà viene messo sotto accusa dai parlamentari più che la sostanza è la forma.
Un monito che già nei mesi scorsi era stato lanciato nei confronti di Conte, il quale però sembra non voler cogliere l’esigenza di un rapporto orizzontale, schietto e democratico. Nella sostanza, invece, anche dopo le parole del Papa – da sempre ritenuto un faro morale tra i Cinque stelle – pochi sono coloro contrari alla posizione di Conte. Avrebbero preferito semplicemente che ne venissero messi a conoscenza per evitare l’ennesima figuraccia.
E anche per questo la richiesta – non ufficiale né formale – che però in tanti sembrerebbe vogliano recapitare a Conte è quella di un incontro chiarificatore con Draghi. La strategia è semplice: la linea del Movimento è da sempre pacifista, ma in questa circostanza si ha la forte esigenza di non passare per filo-putiniani in una sorta di riedizione dell’alleanza giallo-verde.
Ecco perché, spiegano ancora fonti interne, si deve cercare da una parte di giungere a un’intesa anche con parti della maggioranza (Pd e Leu, ovviamente), e dall’altra è necessario che Conte incontri Draghi per chiarire la posizione del Movimento ed evitare che questa netta contrarietà all’aumento delle spese militari possa in qualche modo portare a una crisi di governo. Scenario che, evidentemente, oggi tutti rifiutano e ritengono assolutamente lontano anni luce.
Ma affinché questo scenario resti solo una minaccia e nulla più, è necessario un Ordine del giorno condiviso che quantomeno attenui l’esigenza di un aumento immediato delle spese militari. “Anche perché lo sappiamo tutti – spiegano alcuni parlamentari – l’Ordine del giorno è un impegno formale: non è detto che se il Parlamento approva, il giorno dopo Palazzo Chigi porta la spese al 2% del Pil”. Se questo non dovesse avvenire è difficile prevedere al momento cosa possa accadere. Perché a quel punto il Movimento molto difficilmente potrebbe restare in maggioranza, col rischio di una crisi in uno dei più bui momenti storici dal Dopoguerra.
Ed è questa la ragione che spinge molti a considerare non così remota la possibilità di una spaccatura: “Non saranno molti gli eventuali fuoriusciti”, rassicura qualcuno. “Non è strano che nessuno dei membri del governo M5S abbia parlato?”, suggerisce qualche altro ancora. Certo, spiegano fonti ufficiali, è inevitabile che chi è parte dell’esecutivo non parli a riguardo per non alimentare polemiche che in questo periodo sarebbero soltanto dannose. Ma in ogni caso i prossimi giorni saranno decisivi per capire se davvero Conte ha in mano tutto il Movimento.