Al governo Draghi non basta nemmeno una maggioranza larghissima per garantire un confronto sui provvedimenti in Parlamento. Ieri a Montecitorio c’è stato l’ennesimo voto di fiducia, il numero 26 (12 alla Camera e 14 al Senato): questa volta è stato chiesto per l’approvazione del decreto Green Pass. E ormai c’è odore di record rispetto agli esecutivi delle ultime due legislature. La sfida è tutta con un altro Super Mario, che risponde al cognome di Monti.
I numeri confermano che i cosiddetti Migliori insistono a mettere la museruola a deputati e senatori. La media delle fiducie è di 3 al mese, molte di più rispetto al Conte bis, che ha mantenuto il ritmo mensile di 2,4. In totale il precedente esecutivo ha fatto ricorso a questo strumento (che vincola la vita dell’esecutivo al voto su un provvedimento) 39 volte, dal settembre 2019 fino a febbraio scorso. Di mezzo c’è stata pure la gestione della prima ondata di pandemia, che necessitava di procedure d’urgenza.
E dire che tanti esperti si sono scagliati contro Conte per la presunta lesione delle prerogative dei parlamentari. Adesso? Spariti. Ma il problema c’è, ora più che mai. “Mattarella dovrebbe scrivere a Draghi come ha fatto con altri presidenti del Consiglio. Si rischia una deriva antidemocratica che sta trasformando la nostra Repubblica da ‘parlamentare’ a ‘governativa’”, dice senza giri di parole Alessio Villarosa, deputato eletto con il Movimento 5 Stelle e ora nel gruppo Misto. “I parlamentari – aggiunge l’ex sottosegretario – continuano a lamentarsi di non avere spazio normativo. Ma lo fanno solo in tv e sui giornali, nelle stanze di Draghi alla fine regna il silenzio”.
I dati sono evidenti ed è impietoso il raffronto tra il governo Draghi e il primo esecutivo, quello gialloverde, di Conte, che ha chiesto la fiducia 15 volte in poco più di un anno. L’ex presidente della Bce lo ha quasi doppiato in nove mesi, con buona pace del “rispetto verso il Parlamento” che predicava appena accettato l’incarico per formare l’esecutivo.
Peraltro, è facile ipotizzare che entro fine anno sfondi il tetto delle 30 fiducie, visto che di mezzo ci sono il decreto fisco-lavoro e la Legge di Bilancio, che Palazzo Chigi vorrà blindare. La media, insomma, è destinata a salire, schiantando il record di Monti che con 51 fiducie, in un anno e cinque mesi, aveva tenuto il ritmo di 3 al mese. Tra i due economisti la sfida è serrata. “È stato messo il bavaglio al Parlamento, siamo diventati dei meri ratificatori”, dice sconsolata a La Notizia Jessica Costanzo, deputata dell’Alternativa, che lancia un allarme: “C’è un deficit nelle figure di garanzia e questo rappresenta un grave vulnus”. “Il governo – aggiunge la parlamentare – dovrebbe trovare chi mette dei paletti. Invece prosegue, approvando senza confronto decreti omnibus. Una serie di finanziarie”. Nel dettaglio il ruolino di marcia è impressionante.
LA LUNGA MARCIA. All’insediamento c’è stata l’illusione di voler favorire il confronto in Parlamento. La prima fiducia è stata posta, al Senato, il 25 febbraio sui trattati europei e sulla questione Brexit. Alla Camera, invece, il primo ricorso alla blindatura è arrivato solo ad aprile, sul tema dello slittamento delle elezioni Amministrative. Da allora c’è stata un’escalation. A Palazzo Madama nel mese di luglio sono state poste tre fiducie in una sola settimana, a Montecitorio tra il 13 luglio e il 4 agosto, è stato calato il poker di fiducie. Un ritmo da Migliori.