Superbonus, l’associazione Class Action Nazionale dell’Edilizia trascina la Presidenza del Consiglio in aula

Con i suoi interventi il governo ha reso il Superbonus ingestibile. E' la tesi del CANDE che ha citato la presidenza del Consiglio in giudizio

Superbonus, l’associazione Class Action Nazionale dell’Edilizia trascina la Presidenza del Consiglio in aula

Un precedente sul Superbonus che potrebbe fare giurisprudenza. È quanto sta accadendo al Tribunale di Vicenza, dove il prossimo 5 novembre 2024 dovrà presentarsi la Presidenza del Consiglio, convocata come “terzo” dal Giudice della 1° Sezione Civile nella disputa legale tra un’impresa appaltatrice e il proprio committente.

Il perché, secondo gli avvocati dell’associazione Cande, Class Action Nazionale dell’Edilizia, che ha intentato causa a sostegno di una ditta associata è semplice: i numerosissimi interventi in materia di Superbonus da parte del legislatore hanno determinato l’impossibilità dell’impresa di adempiere il contratto.

Governo in aula per il Superbonus, una prima volta assoluta

“Si tratta di una novità assoluta in materia giurisprudenziale relativamente alla intricata materia del Superbonus”, spiega Roberto Cervellini, Dg di Cande, “perché è la prima volta che la Presidenza del Consiglio viene citata in causa e viene chiamata a rispondere del danno all’impresa appaltatrice che si è vista bloccare la cessione dei crediti, e che è finita in causa con il committente, col fine di tenere indenne il nostro assistito, per il caso di soccombenza ed eventualmente a pagare il risarcimento”.

Troppe modifiche al testo originario

È evidente, per l’associazione, che “le ripetute modifiche alla norma originale del Superbonus meglio rappresentata nel meccanismo della cessione del credito artt. 121 e 122 del DL34/2020 già Legge 77/2020, sono da intendersi risolti per le subentrate variazioni contrattuali che hanno impedito alle parti in causa, in questo caso e in tantissimi altri, di poter proseguire i lavori così come concordati”.

Un precedente potenzialmente esplosivo

In effetti, questo accavallarsi di norme la lite tra committente e impresa, impresa/committente e istituto finanziario, è diventata di fatto una consuetudine, e il Superbonus, che avrebbe dovuto ridare fiato all’edilizia, si è rivelato una trappola mortale. Ora, con la decisione del Giudice del Tribunale di Vicenza, viene stabilito un importante precedente: “il Governo, responsabile di questa confusione e dei blocchi derivanti, dovrà garantire il pagamento di crediti, prima concessi, e poi alienati, con un meccanismo che ha messo in ginocchio molte aziende operative nel settore”, spiega l’associazione.

“La scelta del magistrato è stata quella di condividere pienamente due tesi difensive”, aggiunge l’avvocato Daniele Marra, legale di Cande, “La prima è rappresentata dal fatto che la ditta appaltatrice può essere garantita anche dal Legislatore italiano che, con i provvedimenti legislativi di urgenza come quelli che hanno via via compromesso la cessione del credito e lo sconto in fattura, ha inciso direttamente su rapporti privati e tra privati, rendendo più oneroso un appalto edile: lo Stato può essere parte in causa”.

“La seconda”, continua Marra, “è quella di aver avallato una vera e propria lesione del credito di una ditta edile, visto che la lite è stata ampliata ai danni della Presidenza del Consiglio, citando uno specifico articolo del Codice di procedura civile, ovvero quello che ammette la chiamata in causa di un terzo non solo perché la lite gli è comune, ma anche affinché il terzo garantisca chi lo ha chiamato, ovvero paghi al suo posto in caso di condanna. Lo Stato può essere chiamato a risarcire una ditta edile”.

Il grido d’allarme di Confedercontribuenti

Solo due giorni fa a lanciare l’allarme per le difficoltà del settore per i crediti del Superbonus era stata  Confedercontribuenti. “La premier Gorgia Meloni ci convochi a un tavolo tecnico per discutere l’impasse sui crediti del Superbonus e convochi un Consiglio dei Ministri per imporre alle banche di riprendere l’acquisto, creando delle condizioni che consentano agli istituti di credito di anticipare le liquidità necessarie”, aveva chiesto il presidente dell’associazione Carmelo Finocchiaro.

“Le imprese che hanno ancora questi crediti – aveva spiegato– devono rinunciare al 30-35% degli importi. Sono così costrette a rivolgersi a faccendieri senza scrupoli, nella maggior parte dei casi devono coinvolgere 4 o 5 intermediari differenti, ognuno dei quali pretende la propria provvigione. Alla fine i crediti vengono acquistati da finanziarie poco trasparenti. Inutile dire che con le sue decisioni il governo sta favorendo un mercato usuraio e probabilmente anche il riciclaggio di denaro sporco”.