Continuano a professare unità e oggi si ritroveranno in piazza a Roma per chiudere la campagna elettorale ma i leader del centrodestra continuano a restare divisi su tutto. Ieri è andato in scena l’ultimo scontro tra il leghista Matteo Salvini e la numero uno di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, con Silvio Berlusconi in mezzo a mediare.
Meloni, Salvini e Berlusconi professano unità, chiudono la campagna elettorale insieme ma continuano a restare divisi su tutto
Oggetto della discordia ancora volta la necessità di procedere con uno scostamento di bilancio per dare risposte a famiglie e imprese zavorrate dalla crisi economica. Intervenuti su due radio diverse, quasi in contemporanea, Salvini e Meloni hanno sostenuto due tesi opposte. “Pare che ci si possa riconvocare in Parlamento anche dopo le elezioni per fare un nuovo scostamento di bilancio. Mi rifiuto di pensare che un economista attento come Mario Draghi non si renda conto del bisogno che c’è di un nuovo intervento”, dichiara il leader della Lega a Radio24.
“Chi chiede tempo e dice che si possa aspettare sbaglia. Vale per Fdi e per il Pd: sono a rischio chiusura migliaia di imprese e botteghe, è a rischio il sistema produttivo”. In un’intervista al Sole 24 ore Salvini spiega che “non possiamo governare la speculazione sui mercati, ma possiamo e dobbiamo garantire un futuro a famiglie e imprese, anche perché senza una iniezione importante di liquidità l’economia reale si fermerà: allora sì che dovremo temere speculatori e avventurieri. Trenta miliardi oggi, insomma, per non spenderne 100 o più domani”.
Ma Meloni non ci sta: ai microfoni di Rtl102,5 spiega che “lo scostamento del pareggio di bilancio non è la soluzione. è un pozzo senza fondo, sono soldi che regaliamo alla speculazione. Il punto di arrivo è il disaccoppiamento dei costi di gas ed energia, che è una misura strutturale”.
E, insiste, il tetto al prezzo del gas, unica via per fermare chi specula. Prova a mediare Berlusconi. Metteremo – dice il leader di FI – tutte le “risorse necessarie” contro il caro-bollette e “credo sia possibile intervenire con le risorse di cui disponiamo”, “evitando uno scostamento” di bilancio. Ma se alla fine scostamento dovrà essere, aggiunge, “lo concordiamo con l’Ue”.
Ma non è solo lo scostamento a dividere i tre leader. Per Berlusconi l’Europa a cui guarda Forza Italia non è certo quella di Orbán, amico del cuore di FdI e Lega, il Pnrr – diversamente da quanto chiede Meloni – non deve essere rinegoziato e Mario Draghi rimane una risorsa irrinunciabile.
“Matteo e Giorgia – spiega Berlusconi – sono due leader e anche due amici ai quali io porto rispetto, ma resta il fatto che noi siamo una cosa diversa da loro. Noi siamo i liberali, i cattolici, gli europeisti, i garantisti, gli atlantisti, siamo la sezione italiana del Partito popolare europeo. Per questo dico che il voto per noi è l’unico voto razionale per un moderato, un liberale, un anti-comunista”.
Meloni e Salvini poi continuano a duettare a distanza anche su tasse e riforme. Per Salvini, rispetto al presidenzialismo chiesto da FdI, è più urgente la concessione di una maggiore autonomia alle Regioni, “che può essere approvata senza modificare la Costituzione”. Laddove la Meloni spiega invece che non è possibile una corsia preferenziale per una delle due riforme che devono andare necessariamente a braccetto.
“L’autonomia avrebbe un impatto migliore, come abbiamo scritto nel programma, se ci fosse anche una riforma presidenziale, perché ovviamente è un tema di equilibrio tra poteri dello Stato”, dice la leader di FdI. Sulle tasse Guido Crosetto, cofondatore di FdI, spiega che la flat tax chiesta dalla Lega va bene ma nella versione meloniana, ovvero sulla parte incrementale dei redditi. E che comunque la priorità rimane un intervento sul cuneo fiscale.