La sfida per ospitare Expo 2030 sta per raggiungere il suo ultimo capitolo: il 28 novembre i 182 Paesi membri dovranno scegliere tra le tre sfidanti: Roma, Riyad (Arabia Saudita) e la coreana Busan. In questi ultimi giorni tutte le città candidate stanno tentando il tutto per tutto per conquistare i voti decisivi per aggiudicarsi la vittoria e ospitare l’esposizione internazionale che si terrà tra sette anni. La Capitale ha un obiettivo: raggiungere il ballottaggio per provare poi a sfidare, in una battaglia sulla carta per nulla semplice, Riyad. Quante possibilità ha davvero Roma e come si è mossa la Capitale in questi mesi e soprattutto nelle ultime settimane? Ne abbiamo parlato con l’ex sindaca Virginia Raggi.
Tra meno di una settimana si vota per l’assegnazione di Expo 2030. Virginia Raggi, oggi presidente della commissione capitolina speciale Expo, Roma ce la può davvero fare nella sfida contro Riyad e Busan?
“Roma può competere a pieno titolo offrendo non solo un progetto molto competitivo e sicuramente “tagliato” sulle sfide del futuro, ossia il rapporto sostenibile tra persone e territorio in una società inclusiva e innovativa, ma soprattutto Roma porta la sua cultura e la sua storia. Tra le avversarie, sicuramente la più temibile è Riyad che ha condotto una campagna elettorale estremamente disinvolta e a tratti spregiudicata, tanto da portare alcune persone a chiedere dai prossimi anni un maggiore controllo da parte del Bureau International des Expositions (B.I.E.) su tutte le fasi della competizione per evitare distorsioni che nulla hanno a che vedere con lo spirito di Expo”.
Qual è l’arma in più di Roma? Su cosa può contare rispetto alle altre due avversarie?
“Roma, oltre alla sua storia e alla sua cultura, è da sempre crocevia di popoli e tradizioni diverse. Roma è una città aperta e inclusiva ma sopratutto, in questa sfida, rappresenta i Paesi culla delle democrazie occidentali che tutelano i diritti civili, sociali e di libertà di tutte le persone. Non a caso, all’inizio di questo anno ben 12 ONG hanno scritto al B.I.E. segnalando le gravissime violazioni dei diritti umani di cui si è resa protagonista l’Arabia Saudita”.
Il progetto di Roma è il migliore che la Capitale potesse presentare? Crede che sia anche una grande opportunità per la riqualificazione di tutta l’area di Tor Vergata o c’è il rischio che dopo l’eventuale Expo diventi una cattedrale nel deserto?
“Il progetto parte da una riflessione che abbiamo voluto far sin dalle prime fasi della candidatura: ossia la possibilità di sfruttare Expo per riqualificare una parte della città impiegando le migliori conoscenze tecniche ed umanistiche, disegnando un quartiere come la città del futuro. In questa visione, Expo diventa una fase intermedia di un percorso più ampio di profonda trasformazione”.
In questi ultimi mesi, a ridosso del voto, abbiamo visto un’ampia collaborazione istituzionale, a tutti i livelli: è davvero stato così e per una volta a Roma e in Italia si è marciato tutti nella stessa direzione?
“Ho fortemente creduto nella collaborazione trasversale e interistituzionale sin da quando lavorai da subito con il ministero degli Affari Esteri e poi chiedendo a tutti i maggiori candidati sindaco di sottoscrivere la lettera di richiesta di candidatura a Draghi: sappiamo che la trasversalità del sostegno è un requisito fondamentale di cui lo steso B.I.E. tiene conto per valutare le candidature”.
Torniamo alla sfida. La Capitale spera di arrivare al ballottaggio per poi giocarsela voto su voto con Riyad: ci sono speranze concrete di arrivare al secondo turno e poi di “rubare” voti all’Arabia Saudita nella sfida finale?
“Ad oggi, risulta che nessuna delle tre città candidate abbia i numeri per passare al primo turno (circa 120 voti corrispondenti a 120 Paesi) e, quindi, con grande probabilità si aprirà la fase del ballottaggio in cui, eliminata la città con meno voti (che ad oggi risulterebbe esser Busan), la sfida sarà tra Roma e Riyad. Supponiamo di poter contare sui voti di Busan che convergeranno su Roma: del resto, se fino ad oggi sono rimasti immuni dalle ‘sirene saudite’ speriamo che lo rimangano anche dopo. Infine, occorre considerare che molti Paesi hanno promesso il voto a Riyad al primo turno… in conclusione, confidiamo nel segreto dell’urna, visto che non a caso Riyad avrebbe voluto rendere il voto palese!”.
Lei ha parlato di una sfida anche culturale tra Roma e Riyad: perché e può essere proprio culturale il vero vantaggio di Roma rispetto alle enormi risorse investite dai saudite?
“Dobbiamo essere ottimisti: i soldi non possono comprare tutto!”.