di Lapo Mazzei
Domani, forse, sapremo. Sapremo se questo Paese continuerà ad avere un governo ed una maggioranza che lo sostiene, nonostante le tensioni, in modo da evitare le urne anticipate. O se, invece, non avremo più nulla davanti, con l’unico orizzonte possibile rappresentato dal voto anticipato, con un sistema elettorale ad alto rischio. Ma che non rappresenta un ostacolo insormontabile. Pdl e grillini, per esempio, non temono affatto il Porcellum . Questo sistema elettorale, sondaggi alla mano, garantirebbe al partito di Berlusconi una maggioranza ampia e i grillini in risultato sicuramente significativo. Forse inferiore all’attuale 25%, ma sufficiente per restare determinanti. Con loro tifano Porcellum anche i partitini, tipo Fratelli d’Iitalia, ai quali il gioco delle coalizioni garantisce lunga vita. L’adozione di un sistema proporzionale con soglia di sbarramento, al 4% è l’ipotesi sul tavolo, taglierebbe loro le ali. Chi teme il voto con l’attuale legge elettorale, invece, è il Partito democratico. Anche se schierasse Matteo Renzi quale candidato premier la vittoria non è affatto assicurata. Anzi, i rischi sono comunque superiori alle possibilità.
Prendere tempo
Da qui la necessità, sia da parte del partito guidato da Guglielmo Epifani che dalla formazione del Cavaliere, di prendere tempo, di scrutare l’orizzonte, in modo fermare l’orologio della crisi di governo. Del resto lo stesso capo dello Stato ha più volte ribadito la propria indisponibiltà rispetto alla concessione delle elezioni anticipate. Non può permetterselo lui pere ragioni di principio, non può permetterselo il Paese vista la crisi, ribadiscono dalle parti del Quirinale. E allora il Consiglio dei ministri di domani, incentrato essenzialmente sulla questione dell’Imu, diventa fondamentale per conoscere di quali carte dispone il governo e se Letta ha ancora la disponibilità di un mazzo intero oppure se di una frazione.
Le strategie
Certo, è pur vero che molti osservatori vanno sostenendo che dietro alla linea aggressiva del Pdl, alla presunta vittoria dei falchi sulle colombe, vi sia soltanto una strategia di mercato, mirata a tenere sotto scacco il Pd, in modo da evitare vere rotture. Assumersi oggi la responsabilità di far cadere il governo non viene vista dai sondaggisti come opzione vincente. Ecco perché la teoria di un accordo sotto banco fra Pd e Pdl, che preveda una sorta di congelamento di Silvio Berlusconi rispetto anche alla sentenza della Cassazione, non è poi cosi del tutto fuori luogo. A dettarlo sarebbe lo spettro del tradimento nei confronti del Cavaliere. Un tema, questo, che ha tenuto banco anche al vertice di Arcore di sabato scorso. A mettere in guardia l’ex presidente del Consiglio dalla possibile fuga di almeno 20 deputati del Pdl verso altre formazioni sarebbe stato il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, la cui posizione ondeggia fra la lealtà nei confronti del leader azzurro e la necessità di crearsi i presupposti per il futuro. L’esponente azzurro, infatti, ottimo dispensatore di piste da seguire, è uno che bada più alla propria carriera che alle sorti del Cavaliere. A fare da scudo al ministro, rispetto agli assalti frontali della pitonessa Santanché, la quale ha messo in fila i cattivi del partito, con buona pace di Berlusconi, ci sono i buoni rapporti che l’esponente del governo vanta con il Quirinale. E Berlusconi, soprattutto, in questa fase non può attaccare a testa bassa il Colle. L’unica strategia possibile è quella della guerriglia. E Quagliariello, in questo senso, rappresenta una sorta di linea Maginot.
Alla ricerca dei transfughi
A conferma del fatto che il tema dei 20 e rotti Giuda è un problema serio, arrivano le parole di Gianfranco Miccichè, sottosegretario alla Pubblica amministrazione e leader di Grande Sud, nonché uomo in sintonia con la filosofia di Quagliariello. “E’ in corso una campagna acquisti del Pd, ma non certo da parte del premier, nel Pdl per un LettaBis”, dice l’esponente azzurro, “alcune colombe del Pd parlano con quelle del Pdl condividendo l’idea che una crisi sarebbe assurda”. “‘Non si tratta di una compravendita basata sui quattrini”, puntualizza l’esponente dell’esecutivo, “ma su promesse come ad esempio un posto da sottosegretario, e che coinvolge quanti temono la crisi perché non vogliono andare a casa e hanno paura di non essere ricandidati”. Tattica, quella della persuasione, che Denis Verdini, il potente e duro coordinatore nazionale del Pdl, nonché grande alleato della Santanché, ha sempre usato con grandi risultati nelle passate legislature. Dunque un mercato delle vacche, ribaltato nei termini, mette a rischio la tenuta del Pdl, tanto che Quagliariello, sabato ad Arcore, lo ha detto più volte al Cav. Peccato che anche i governativi del Pdl, a partire dal ministro Maurizio Lupi, reduce dalla vittoria piena al Meeting di Cl a Rimini, siano determinati a difendere l’attuale esperienza di governo. Insomma non ci sarebbero solo 20 giuda, ma anche un gruppo di colonelli a mollare gli ormeggi. E sarebbero proprio loro a dare al Partito democratico quella forza nel mantenere la posizione rispetto al voto al Senato, che ai primi di settembre sarà chiamato ad esprimersi sulla decadenza di Berlusconi.
Insomma, sembra di assistere al gran ballo del Gattopardo, dove la necessità che tutti cambi affinché nulla cambi sembra aver preso il sopravvento sulle strategie di Pd e Pdl. E, quale del legge del contrappasso, va detto che se il centrosinistra va cercando una maggioranza alternativa con i transfughi del Movimento Cinque stelle, sa che deve fare i conti con l’indisponibiità di Scelta civica. Tutti gattopardi,