C’è lo stesso odore del 2008, quelli sono sempre gli stessi ma forse siamo peggiorati noi. Il 7 giugno del 2008 Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, a Santa Margherita Ligure disponeva il divieto di ordinare ed eseguire intercettazioni, anche nell’ambito di indagini giudiziarie. Un provvedimento da cui avrebbero dovuto essere escluse, secondo Berlusconi, “solo le inchieste che riguardano la criminalità organizzata, la mafia, la camorra e il terrorismo”.
Indietro tutta
Sembra tutto uguale a oggi, vero? Certo in quell’epoca i toni erano diversi: Berlusconi presidente del Consiglio aveva un’agibilità di manovra molto più ampia della sua attuale collega Giorgia Meloni, l’Ue pesava molto meno nei propositi politici dei governi e il berlusconismo sembrava un’onda inarrestabile.
A quel tempo Berlusconi prometteva “5 anni di carcere per chi le eseguirà e per chi le propagherà” promettendo anche “una forte penalizzazione economica per gli editori che le pubblicano”. La sostanza quindici anni dopo però è la stessa. Il giochino di lasciare intonse le indagini di criminalità è lo stesso.
“Guai a cancellare le intercettazioni L’apporto fornito nella cattura di Messina Denaro, per esempio, è indiscutibile. Di contro, guai a pensare che ci sia sempre uno scrupoloso rispetto delle leggi: in alcuni casi è emersa la ricerca dei reati ‘purchessia’ e ‘a ogni costo’. E questo non va”, ha detto ieri la presidente della commissione Giustizia del Senato Giulia Bongiorno. Tradotto è lo stesso identico discorso.
Nell’occhio del ciclone ci sono, ancora, i giornalisti seppur con toni più furbi e apparentemente sfumati: “Bisogna intervenire da una parte con l’Ispettorato generale per verificare che non vi siano fuoriuscite di notizie dalle Procure stesse, dall’altra parte con una norma più stringente. E poi lo dico onestamente, sì, anche sui giornali” ha detto ieri Andrea Delmastro, parlamentare di Fratelli d’Italia e sottosegretario della Giustizia.
Tira una brutta aria
In quel 2008 dovette intervenire il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per frenare gli insaziabili appetiti di impunità. “Sulle intercettazioni servono soluzioni bipartisan”, disse il presidente della Repubblica. Il berlusconismo provò addirittura la strada del decreto legge, stoppato per intervento del Quirinale. C’è lo stesso odore del 2008 solo che in quel caso la sollevazione contro il vergognoso attacco alle indagini fu ampissima.
Non solo i partiti d’opposizione (che invece oggi tentennano) ma anche gran parte della stampa sottolineava come quel garantismo fosse solo un travestimento della voglia di impunità. Oggi il governo Meloni riesce a essere più liquido, apparentemente benevolo, e gli è più facile ottenere un appannamento della memoria.