E’ giusto che finisca così, con Luca Palamara che si permette perfino di commentare il referendum sulla giustizia, mentre sull’altro canale Totò Cuffaro sta benedicendo i risultati delle elezioni palermitane.
L’ex consigliere del Csm Palamara ci ha tenuto a dire che il disastroso referendum sulla giustizia “serve per ridare autorevolezza a una magistratura ammaccata” e osservandolo mentre ci dà lezioni di integrità proprio lui, radiato per indegnità dalla magistratura, è impossibile non dargli ragione.
Palamara in cattedra
“Che in Italia serva una riforma della giustizia – spiega Palamara – è un dato che non si può più ignorare. Serve per ridare autorevolezza ad una magistratura ammaccata nella immagine dallo strapotere delle correnti e serve perché i cittadini, come previsto dalla nostra Costituzione, hanno diritto ad avere una giustizia giusta, rapida e imparziale, giudici non politicizzati che li giudichino e un processo rapido che non duri decenni”.
La dichiarazione, come tutte le dichiarazioni di Palamara, è un inconsistente giro di fumo utile solo a lui per continuare a meritarsi qualche ritaglio di stampa (confidando di esistere ancora per le prossime elezioni politiche dopo il pessimo risultato personale alle suppletive) e a chi vuole vedere in questa débâcle referendaria comunque l’occasione di garantire la costruzione di un prossimo clima di impunità.
Di Palamara durante la campagna referendaria ne abbiamo visti parecchi: scegliere ex condannati come testimonial insieme a persone che hanno avuto e hanno ancora evidenti problemi con la giustizia ha contribuito alla delegittimazione del tema del garantismo (che è invece un tema serissimo che in questo Paese avrebbe bisogno di un’ampia riflessione popolare) sventolato solo come una pelosa ricerca di impunità.
Palamara chi?
Per questo vale la pena ricordare che Palamara è colui che solo in un Paese disgraziato come il nostro ha potuto diventare un modello positivo quando ha confessato di essere un manovratore di correnti e di influenze all’interno della magistratura (un altro segreto di Pulcinella che avremmo potuto tranquillamente farci spiegare da qualsiasi altro magistrato, magari onesto) e quando ha pensato di svelarci che l’appartenenza a certi mondi favorisce la carriera professionale, mica solo nella magistratura.
È lo stesso Palamara che parla della magistratura da cui è stato radiato non per l’avversione dei “poteri forti”, come vorrebbe farci credere, ma perché “ha messo a disposizione le sue funzioni e i suoi poteri in cambio di diverse utilità”.
Palamara: questione di credibilità
Il giorno dopo un referendum che dovrebbe far vergognare i proponenti e i leader di partito ci tocca sorbirci la lezione di moralità da chi è diventato socio occulto di un lido a Olbia, in costa Smeralda, intestandolo a un amico commercialista, per oliare il processo a carico di parenti degli imprenditori (è la tesi della Procura di Perugia), solo per citare l’ultima indagine che lo riguarda.
Palamara è la perfetta fotografia di questo referendum: avvoltoi su temi fondamentali che sono utili alla destra più becera nella sua guerra che da 30 anni porta avanti contro la magistratura con ogni mezzo.
“Al di là del dato numerico – ha detto Palamara – il referendum deve essere considerato un pungolo per il legislatore per procedere verso una riforma strutturale della giustizia che non rappresenti un semplice pannicello caldo”.
Ha perfettamente ragione: ili pungolo che arriva da questo referendum sta nel messaggio chiaro che gente come Palamara, come Salvini, come i berlusconiani di ogni sorte e come i renziani non si permettano di mettere mani sulla giustizia. La credibilità, innanzitutto.