Che sul Salario minimo si potesse trovare un comune terreno di battaglia tra Pd e M5S è quanto sono andati auspicando tanto i pentastellati quanto i dem. Ma quanto avvenuto ieri tra le due forze politiche non promette nulla di buono. In particolare il M5S coglie in fallo il Pd. Che se oggi ha cambiato idea, e vuole una legge che ponga fine davvero a buste paghe da fame, almeno fino a ieri non si è certo distinto per la volontà di condividere la battaglia dei Cinque Stelle. Ma ricostruiamo i fatti.
La vicepresidente del Senato del M5S, Mariolina Castellone, accusa i dem di aver ostacolato a lungo la legge sul Salario minimo
Ieri mattina su La Stampa la vicepresidente del Senato del M5S, Mariolina Castellone, ha dichiarato testualmente: “Noi una proposta di salario minimo l’abbiamo messa sul tavolo in tutti i governi di cui abbiamo fatto parte, ma gli alleati si sono messi di traverso, Pd compreso: ricordo che, nella scorsa legislatura, hanno presentato gli stessi emendamenti di Forza Italia. Per noi il punto centrale è che non si deve mai scendere sotto la soglia di 9 euro l’ora, nemmeno nell’ambito della contrattazione collettiva”.
Ebbene, il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Mauro Laus, replica sostenendo che la senatrice Cinque Stelle “afferma il falso”. “Posso dimostrare con documenti alla mano depositati, discussi e bloccati in commissione Lavoro di cui ero capogruppo nella scorsa legislatura, che se oggi non esiste una legge sulla rappresentanza con il relativo salario minimo la responsabilità è esclusivamente del M5S”.
Pronta la replica di Castellone che però, a differenza di Laus, i documenti per sbugiardarlo li ha. “Il deputato del Pd mi rivolge un’accusa grave e infamante: aver detto il falso nell’intervista che ho rilasciato alla Stampa. Invito Laus a riprendere il fascicolo degli emendamenti presentati al ddl Catalfo (n. 658) e confrontare il numero 2.14, a sua firma, e il numero 2.16, depositato da FI. Gli semplifico il lavoro: l’obiettivo di entrambi gli emendamenti è, cito testualmente, ‘sopprimere le parole: e comunque non inferiore a 9 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali’. Sia il Pd con Laus sia i forzisti, dunque, intendevano cancellare la soglia che noi del M5S abbiamo individuato come inderogabile”.
Ma di Laus vale la pena aggiungere alcune altre osservazioni. Il senatore dem, in un ddl datato maggio 2018, aveva proposto un salario minimo di 9 euro orari. Salvo poi, come testimoniato dalla Castellone, adeguarsi all’altra proposta presentata dal suo compagno di partito Tommaso Nannicini che, a marzo 2019, depositava un ddl in cui il salario era talmente minimo da non comparire, ovvero non veniva fissata alcuna soglia minima di retribuzione. Importi e modalità di erogazione del salario minimo venivano affidati, invece, a una Commissione istituita presso il Cnel.
Allo stesso modo, la proposta fatta dall’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, era di estendere erga omnes il trattamento economico complessivo dei contratti collettivi più rappresentativi, ma di soglia minima garantita per legge manco a parlarne. E ancora. Laus fino al 2014 era presidente della cooperativa Rear che pagava i lavoratori 4 euro l’ora e che in certi casi licenziava i suoi dipendenti in maniera illegittima, come hanno stabilito i magistrati. Pare proprio dunque che Laus non sia nelle condizioni di impartire lezioni sul salario minimo a nessuno.