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Sul Reddito di cittadinanza la destra fa autorete

Sul Reddito di cittadinanza le destre attaccano, ma fanno autogol: i dati sui beneficiari che trovano lavoro non sono una novità.

Sul Reddito di cittadinanza la destra fa autorete

Gli attacchi al Reddito di cittadinanza sono come le vie del Signore: infiniti. Malgrado il sussidio introdotto nel 2019 sia stato cancellato col decreto 1° maggio (2023), sostituito da Assegno di inclusione (Adi) e Supporto formazione lavoro (Sfl), la destra non si ferma più. Ma si sa: chi di propaganda ferisce, di propaganda perisce. Così venerdì scorso, celebrando i dati del primo report dell’Inps su Adi e Sfl, esponenti di maggioranza e governo hanno tenuto a sottolineare il fatto che, dopo la fine del Reddito, il 26% dei nuclei famigliari che lo percepivano ha avuto almeno un componente che ha trovato lavoro.

Spiace deluderli, ma non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Difatti, nella sintesi del Rapporto di monitoraggio sulla gestione e sugli esiti del RdC (anni 2020-2023), realizzata dal Comitato scientifico guidato da Natale Forlani e pubblicata sul sito del Ministero del Lavoro il 13 giugno 2024, è scritto nero su bianco che tra i beneficiari non esonerati, esclusi o rinviati ai Servizi sociali (i cosiddetti ‘occupabili’) “gli individui con un contratto attivo nelle annualità considerate ammontano a 394mila nel 2020, 421mila nel 2021 e 446mila nel 2022, con un’incidenza in crescita e pari rispettivamente al 29%, 33% e 34%”. Di questi, “258mila nel 2020, 314mila nel 2021 e 297mila nel 2022 hanno avviato un nuovo rapporto di lavoro mentre erano in misura, vale a dire mentre percepivano il beneficio economico, con un’incidenza percentuale sul totale dei beneficiari pari, rispettivamente, al 19%, al 24,5% e al 22,4%”. Insomma: carta canta. Non solo. Se da un lato i beneficiari del Reddito “manifestano un livello di occupabilità inferiore rispetto ad altri segmenti della popolazione”, dall’altro – si evidenzia nel documento – “è importante sottolineare che ciò non implica che essi siano completamente estranei al mercato del lavoro. Al contrario, molti di loro si impegnano attivamente nella ricerca di opportunità lavorative e sperimentano diverse esperienze professionali, anche mentre continuano a percepire il beneficio”.

A colpire, dopo anni in cui i giovani sono stati bollati come “fannulloni”, è anche un altro elemento: per quanto riguarda la classe d’età, è “fra i 20 e i 24 anni che si registra la più alta percentuale di individui con nuova occupazione creata in misura. Limitando l’analisi al 2022, quasi il 29% di questi ultimi risultava, infatti, coinvolto in un nuovo rapporto di lavoro”. In pratica, una débâcle per tutta la linea comunicativa della destra, che ignora l’unica verità: il taglio di 2,3 miliardi di euro operati ai fondi per il contrasto alla povertà. Chissà come mai…