Dal ministro Raffaele Fitto a cui la premier ha affidato la regia del Pnrr è arrivato il solito copione. In Parlamento per illustrare le modifiche al Piano nazionale di ripresa e resilienza – si tratta di 144 proposte su 298 misure complessive, che dovranno passare al vaglio dell’Europa, il ministro non perde il vizio di giocare sulla difensiva e sullo scaricabarile. Invita ripetutamente a non fare “polemiche” ma il primo a innescarle è lui.
Da Fitto numeri sballati e scaricabarile sul Pnrr. Il ministro invita a non fare “polemiche” ma il primo a innescarle è lui
Ripercorre quello che definisce un successo – lo sblocco della terza rata e l’ok Ue alle modifiche ai 10 obiettivi sui 27 della quarta rata – ricordando che le critiche sui ritardi al riguardo sono state pretestuose. “Sarebbe stato molto semplice , su questi punti – ha affermato – scaricare eventuali responsabilità perché è evidente che, sia sulla terza rata sia sulla quarta rata, non c’è un solo argomento che rientri nella competenza temporale dell’azione di questo governo”.
Le 144 richieste di modifiche al Piano sono tutte frutto del sacco di questo governo
Ma se la storiella dello scaricabarile è continuata fino a ieri da oggi il governo non ha più alibi. Le 144 richieste di modifiche sono tutte frutto del sacco di questo governo. Così come esclusivamente sua è la responsabilità di aver stralciato dal Piano misure strategiche (9) per un ammontare complessivo di circa 16 miliardi. Dallo stop ai progetti (300 milioni) per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie al definanziamento dei progetti (1,3 miliardi) per la riduzione del rischio idrogeologico, dai 6 miliardi destinati all’efficientamento energetico allo stralcio dei progetti sulle nuove case e gli ospedali di comunità. Ma nessuna paura o polemica, ci dice Fitto. Gli interventi restano garantiti nel loro finanziamento.
“Quindi, lo voglio dire ai sindaci con i quali ho parlato, lo voglio dire a chi ha immaginato scenari catastrofici: gli interventi previsti all’interno del Pnrr vanno avanti regolarmente, non c’è nessuna interruzione rispetto a tutto ciò che è previsto”. E ancora: “Immaginiamo che una serie di questi interventi vadano spostati su altre fonti di finanziamento”. Peccato che il governo non abbia alcuna idea di quali possano essere queste fonti di finanziamento alternative. A sbugiardare il ministro è un dossier di monitoraggio del Parlamento, datato 31 luglio. I tecnici delle Camere rilevano come l’ultimo Rapporto del governo sul Pnrr individui misure da definanziare per complessivi 15,9 miliardi ma che il Rapporto non specifichi quali saranno gli strumenti e le modalità attraverso i quali sarà mutata la fonte di finanziamento delle risorse definanziate dal Pnrr.
“La determinazione di tali strumenti e modalità appare opportuna – si legge nel dossier – soprattutto con riguardo ai progetti che si trovano in stadio più avanzato, in ragione dei rischi di rallentamenti o incertezze attuative che potrebbero conseguire al mutamento del regime giuridico e finanziario e del sistema di rendicontazione cui tali misure sarebbero sottoposte. Tale determinazione appare fondamentale, inoltre, al fine di verificare che le fonti alternative di finanziamento dispongano di una adeguata dotazione di competenza e di cassa nell’ambito del bilancio dello Stato”.
Schlein: “Siamo preoccupati per il Paese, c’è il sospetto che siate incapaci di gestirlo”
Insorgono le opposizioni. “Siamo preoccupati per il Paese, c’è il sospetto che siate incapaci di gestirlo ma anche che qualcuno speri nel fallimento del Pnrr come se fosse un segnale di battuta di arresto per l’integrazione europea”, insinua il dubbio la segretaria del Pd, Elly Schlein. Che insiste: “Se volete condurre in porto il Pnrr noi ci siamo”. Sul Pnrr che serve per la nostra sanità, agli asili, allo sviluppo economico e all’ambiente è “buio Fitto” per il governo, dichiara il leader M5S, Giuseppe Conte. “Avevamo offerto al governo il nostro aiuto mesi fa”, ma “il governo continua sulla strada dell’arroganza dall’alto dei suoi ritardi, dei soli 2 miliardi spesi su 33 da spendere nel 2023, dei 16 miliardi tagliati fuori dal Piano che non sappiamo se e come verranno recuperati e rifinanziati”.
Anche sindaci e governatori di destra in rivolta. Da Zaia a Fedriga e perfino Salvini contro la sforbiciata
Non ci sono solo sono i comuni sul piede di guerra. “Il Pnrr è già stato stabilito. Sono risorse che sono state già distribuite ai soggetti attuatori che sono ministeri, Agenzie dello Stato e Comuni. Anche qui, ci sono stati tolti 13 miliardi di euro su 16 e ancora non capiamo perché”, ha detto il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro. Un taglio che Decaro ritiene ingiustificato. Un mese fa – ha ricordato – abbiamo fatto vedere a tutti gli esponenti del Governo che i Comuni sono l’unico soggetto attuatore che sta spendendo le risorse. Ma sulle barricate, dicevamo, ci sono anche altri soggetti, come i governatori leghisti del Nord.
“Siamo tutti preoccupati”, dice sul Piano nazionale di ripresa e resilienza il presidente del Veneto, Luca Zaia, il quale sottolinea che “anche il Governo precisa, attraverso la voce del presidente del Consiglio, che questo taglio di 16 miliardi verrà compensato con i fondi di sviluppo e coesione che ci sono. Se accade questo – osserva Zaia -, il problema è risolto. Ma il fatto è che i sindaci vogliono una risposta e in generale tutti gli enti locali che hanno già fatto le gare, hanno già firmato contratti e che hanno impegni di diversa natura. Poi c’è un tema generale: che per colpa di qualcuno non si fa più credito a nessuno.
Abbiamo – spiega Zaia – località e luoghi con amministrazioni che hanno messo nero su bianco progetti che non vedranno mai la luce o che arriveranno troppo tardi rispetto ai termini europei. E a causa di questo poi il conto lo paghiamo tutti”. Peraltro un dossier del Parlamento spiega che delle opere stralciate, e che il governeo intende recuperare, al momento non sono indicate coperture finanziarie alternative. Da Cervia, due giorni fa, lo stesso vicepremier e ministro, Matteo Salvini, ha spiegato che “Il mio obiettivo è spendere bene, spendere tutto”.
Una frase che qualcuno ha letto come una sottile frecciata al ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, dopo appunto questi tagli. Del resto, lo stesso Massimiliano Fedriga, dal palco romagnolo si era lamentato del “metodo Fitto” in tema di revisione del Pnrr. “Le modifiche, un documento da 168 pagine, ci sono state trasmesse solo due giorni fa”, aveva dichiarato il governatore leghista del Friuli Venezia Giulia. “Il problema non è il taglio in sé. Ma cosa tagli e come ti coordini rispetto a chi sta portando avanti le opere”.