“Se la cosa dovesse avere risvolti negativi, non c’è altra soluzione: la butteranno a mare”. Il bisbiglio che ci racconta l’assistente di un parlamentare di spicco del Movimento, lascia intendere quale sia il clima sull’affaire Raggi. Una vicenda dalle deadline ormai certe. Prima tappa, 30 gennaio, giorno dell’interrogatorio da parte del procuratore aggiunto Paolo Ielo a Virginia Raggi, già si capirà tanto delle dinamiche interne del Movimento e di come Beppe Grillo e Davide Casaleggio vorranno affrontare la patata bollente. Ma quel che sembra è che la decisione sia già stata presa e verrà “ratificata” con l’avvento della seconda scadenza che, a detta degli stessi pentastellati, è inevitabile: la notifica del rinvio a giudizio per la sindaca. “A quel punto non ci potranno essere più slittamenti – ci dicono – perché nonostante la Raggi abbia la protezione di Casaleggio junior, non potranno più difenderla”. Insomma, sospensione immediata della sindaca. Fuori dal Movimento. Preferibilmente optando per una “auto” sospensione, altrimenti si sceglierà la strada dell’espulsione. Senza se e senza ma. Zero alternative, dunque. E per un motivo cristallino: “quella che voi (cioè, “la stampa”, ndr) chiamate ‘fronda’ in realtà non è tale, è la maggioranza dei parlamentari”.
I nomi in campo – Insomma, all’interno di Montecitorio sono tutti (o quasi contro Virginia). E anche quelli che finora l’hanno esaltata, preferiscono – giocoforza – mantenere un basso profilo. Al di là di Roberta Lombardi, ormai da tutti (dentro e fuori dal Movimento) stimata anche solo per il fatto di essere l’acerrima rivale della Raggi, a spingere per la sospensione in caso di rinvio a giudizio è Roberto Fico su tutti (“all’interno di Montecitorio è lui il capo della ‘fronda’”), con Nicola Morra che, pur in silenzio, lascia intendere chiaramente la sua preferenza, a tutto vantaggio per la linea dura con la Raggi, anche dai social (dove spesso e volentieri pubblica e convidive post della Lombardi stessa di sue azioni a Roma, piuttosto che i post della sindaca capitolina). E Luigi Di Maio? “È sbagliato dire che sia bruciato – commentano – resta il pupillo di Grillo. Ma, diciamo così, non gode più di un appoggio incondizionato”. La verità “vera”, infatti, è che chi prima era disposto a correre con lui sempre, ora arretra davanti alla grana Raggi. E su questa strada il rischio è che alla fine Di Maio resti da solo. Senza nemmeno più l’appoggio di Grillo perché “Beppe – ci dicono a mezza bocca – prima o poi dovrà capire che non è una piccola minoranza quella di cui si parla, ma la stragrande maggioranza dei parlamentari”.
Partita ampia – Ma la questione interna non finisce qui. Quel che ci dicono, infatti, è che le frizioni tra “frondisti” e Grillo verte pure sul’atteggiamento eccessivamente “verticistico”, che non a tutti piace. E anche i continui attacchi con la stampa sono visti come controproducenti. Due altre grane che, inevitabilmente, prima o poi scoppieranno.