Due al prezzo di uno. In una sola giornata l’Italia incassa due avvertimenti da Bruxelles, con una doppia lettera d’infrazione: sui balneari e sull’assegno unico. La prima, per quanto attesa, è di certo la più delicata. L’Ue contesta all’Italia il mancato adeguamento alla direttiva Bolkenstein per il regime delle concessioni di spiagge e arenili. Ora che Roma ha ricevuto il parere motivato della Commissione, ha due mesi per rispondere e adeguarsi alle norme comunitarie. Solo dopo i due mesi Bruxelles deciderà i prossimi passi. Nel frattempo, come assicura una portavoce della Commissione, continueranno le trattative con le autorità italiane.
Infrazione sui balneari, una lunga storia
La procedura è stata aperta già nel 2020, con la lettera di costituzione in mora inviata all’Italia sul rilascio delle autorizzazioni sull’uso del demanio marittimo. Secondo la normativa comunitaria, le autorizzazioni il cui numero è limitato a causa della scarsità delle risorse naturali (come per la spiaggia) devono essere rilasciate per un periodo limitato e con una procedura di selezione aperta, pubblica e secondo criteri trasparenti e oggettivi. Cosa che in Italia non avviene.
Al contrario la proroga automatica delle autorizzazioni per le concessioni balneari è ritenuta incompatibile con il diritto europeo, come stabilito anche dalla Corte di giustizia dell’Ue. L’Italia ha prorogato le autorizzazioni fino a fine 2023 e ha vietato i procedimenti pubblici per l’assegnazione delle concessioni. Nel parere motivato, la Commissione ha contestato al governo Meloni anche l’esito del recente tavolo tecnico sui balneari, secondo cui le quote delle aree occupate dalle concessioni rappresentano il 33% delle aree disponibili. Un dato che “riflette una valutazione qualitativa delle aree” e “non tiene conto delle situazioni specifiche a livello regionale e comunale”.
L’altro richiamo dall’Ue: l’assegno unico
La seconda infrazione italiana riguarda l’assegno unico, che dal marzo del 2022 è stato introdotto per le famiglie con figli a carico. A essere contestato è il principio per cui l’assegno unico va solamente alle persone che risiedono da almeno due anni in Italia e che vivono nello stesso nucleo dei loro figli: secondo la Commissione si tratta di una violazione del diritto comunitario perché non tutti i cittadini Ue verrebbero trattati in modo equo, dando vita a una discriminazione. Così è arrivato il parere motivato che segue la lettera di costituzione in mora risalente al febbraio del 2023. Anche in questo caso, l’Italia avrà due mesi per rispondere ed evitare il deferimento alla Corte di giustizia.