Come ci guardano le nuove generazioni, cosa pensano dei problemi del nostro Paese e del pianeta, come considerano la generazione dei loro genitori. Ci sono molte risposte, e insieme un’infinità di domande, nella serie “Più di chiunque altro – Generazione Z”, diretta dalla pluripremiata Flavia Montini e scritta da Sibilla Barbieri, Flavia Montini e Vittorio Parpaglioni Barbieri. già da qualche giorno su RaiPlay. Il docu-film racconta storie di giovani e giovanissimi ai tempi dei social, del web, della rivoluzione digitale, di una comunicazione profondamente cambiata. La serie, articolata in 6 puntate da 30 minuti, è prodotta da Scirocco Films e Rosebud Entertainment Pictures in collaborazione con Rai Documentari.
Chi li capisce questi giovani! Dal linguaggio ai social sembrano di un altro mondo. Ma sono più profondi di quello che può sembrare
In una società liquida e frenetica, come sosteneva Zygmunt Bauman, caratteristica di una società moderna, in cui relazioni ed esperienze vanno decomponendosi e ricomponendosi a velocità incredibile ed impressionante, i giovanissimi si muovono tra incertezze, dubbi, sfiducia politica, ambientalismo, ricerca del lavoro, lotta agli stereotipi, fragilità personali, famiglie in cui troppo spesso albergano solitudini e frustrazioni. Sullo sfondo, una comunicazione che è completamente mutata e filtrata da schermi, in cui spesso è difficile riconoscersi e comprendere l’empatia: una rivoluzione digitale della quale sono protagonisti, nel bene e nel male. In questo quadro di fragilità, nella vita liquida, i giovani cercano di standardizzarsi agli schemi comuni, con il risultato di sentirsi frustrati, non accettati per un nonnulla, ed equiparati agli altri nel ruolo di “consumatori”. Tante scatole di Campbell’s soup, come nell’opera di Andy Warhol.
Così la serie tv indaga i nuovi linguaggi giovanili, la comunicazione cambiata anche attraverso i social (la generazione zeta non ascolta neppure la radio, ma si confronta su whatsapp e i social network, con una preferenza oggi per Instagram e TikTok), riflette su come l’immersione nella cultura digitale abbia modificato il paradigma dei giovani e le loro declinazioni. Il docu-film apre alla riflessione sul nuovo linguaggio, sul pensiero, sulla visione della società e della politica, sull’apprendimento, lo studio, la vita sessuale, l’inclusione, la visione del futuro, l’attualità, la cultura. La regista con la sua sapiente libertà espressiva, affronta temi e tematiche di bollente attualità molto cari a ragazze e ragazzi.
Nella prima puntata, intitolata “Frontiere”, abbiamo ascoltato tre protagonisti, a partire da Sara, attivista 24enne di Fridays for Future, in piazza con il movimento nato “dal basso” che sui temi ambientali cambia il linguaggio, l’approccio, ma anche la prospettiva: “il clima come urgenza strettamente connessa ai diritti della persona”. Federico, che vive col padre in attesa di un lavoro che non sia “sfruttamento” dice secco: “Spero che piano piano il mondo guarisca”. Intanto fa il rider per vivere.
In “Più di chiunque altro – Generazione Z” diretto da Flavia Montini i nostri ragazzi si rivelano
E infine c’è Giorgio, che dopo la laurea all’Università Cattolica è tornato a Taranto – città storica e bella ma profondamente ferita e in pericoloso declino – per assistere la madre malata. Storie da cui nascono riflessioni importanti e di qualità, come quella sulla nuova didattica, in cui un’insegnante donna che vive la scuola con passione e missione apre al web, incoraggiando i suoi ragazzi ad usare lo smartphone per cercare nuove parole, nuovi sinonimi (per esempio, cosa rappresenti la giornata internazionale della Donna dell’8 marzo ed il suo significato storico e politico in un’epoca insanguinata dai femminicidi).
Inevitabile una malinconica considerazione: come ci vede, come ci giudica la Generazione Z? Come considera la fascia tra i 40 e 60 anni? Siamo i moderni genitori della Generazione Z o riproduciamo inconsapevolmente gli errori che noi stessi abbiamo rinfacciato per una vita ai nostri padri e madri? Una domanda che ho girato ad Eleonora, giovane studentessa al primo anno di Sociologia, a supporto e sostegno dei suoi coetanei durante la protesta del “caro affitti” nel piazzale antistante l’Università La Sapienza, a Roma.
“La Gen Z – risponde – è molto attenta alle questioni civili e all’uguaglianza sociale, ai diritti umani, è sensibile alle questioni di genere, all’ambiente. Così come la questione del “caro affitti”, molto sentita tra i ragazzi che studiano. Se si è un fuorisede, un piccolo appartamento in affitto costa non meno di 600 euro al mese senza calcolare la spesa e le bollette. Roma, inoltre, è la seconda città d’Italia per costi alti negli affitti. Gli studenti hanno chiesto perciò di poter utilizzare una struttura, nell’ex dogana di San Lorenzo, dove però sta prendendo forma una sorta di Student-Hotel, ovvero un’area alberghiera riservata agli universitari fuorisede delle famiglie benestanti. Ecco, questo è esattamente il genere di cose che la Gen Z non capisce, e che rifiuta associandola a un’idea di società contemporanea disastrosa. La serie su Rai Play ci lascia allora un dubbio: se quella di una volta è stata “una gioventù bruciata”, non è che oggi i “bruciati” siamo noi, genitori e giudici senza titolo della vita di questi ragazzi?