Striscia di Gaza, dieci ostaggi per 45 giorni di pace. Tel Aviv tende la mano ad Hamas

Striscia di Gaza, dieci ostaggi in cambio di 45 giorni di tregua. Netanyahu tende la mano al gruppo terroristico Hamas

Striscia di Gaza, dieci ostaggi per 45 giorni di pace. Tel Aviv tende la mano ad Hamas

Tra le bombe che continuano a cadere sulla Striscia di Gaza e le stragi di palestinesi che si ripetono quotidianamente, improvvisamente – e apparentemente in modo credibile – si è riaccesa la speranza di pace. A lasciarlo intendere sono le dichiarazioni provenienti da Israele e da Hamas, che confermano come qualcosa si stia finalmente smuovendo. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, parlando con i genitori dell’ostaggio Eitan Mor, ha assicurato che il suo governo “sta lavorando a un accordo che prevede il rilascio di dieci dei restanti prigionieri”, in cambio di una tregua di 45 giorni.

Che non siano parole vuote lo ha confermato il movimento palestinese attraverso un alto funzionario intervistato dalla TV libanese Al Mayadeen, secondo cui “l’organizzazione ha ricevuto una proposta da Israele che chiede il rilascio di dieci ostaggi, tra cui il soldato americano-israeliano prigioniero Idan Alexander”, in cambio di 45 giorni di tregua. Si tratta di una proposta che ha incontrato il gradimento di Hamas, che ha dichiarato di “stare valutando” l’offerta, nonostante nei giorni scorsi il gruppo terroristico avesse proposto la liberazione di soli cinque ostaggi. Ma non è tutto: il movimento si è detto disponibile a rilasciare “tutti gli ostaggi israeliani” in cambio di garanzie che Israele ponga fine, in modo definitivo, alla guerra nella Striscia di Gaza.

Striscia di Gaza, dieci ostaggi in cambio di 45 giorni di tregua. Netanyahu tende la mano ad Hamas

In attesa di capire se la diplomazia riuscirà a risolvere la questione, non si fermano i raid dell’aviazione israeliana. Secondo quanto affermato dall’IDF, nell’ultimo giorno i caccia israeliani hanno colpito oltre 35 obiettivi nella Striscia, tra cui un sito di produzione di armi nella zona centrale di Gaza e una postazione di lancio di razzi.

Colpiti anche diversi “centri di comando” e un tunnel sotterraneo nel campo di Shaboura, a Rafah, lungo centinaia di metri e profondo circa 20 metri, utilizzato come punto di incontro per i miliziani di Hamas e collegato ad altri passaggi sotterranei. Inoltre, le Forze di difesa di Israele hanno affermato di aver occupato il Corridoio Morag, nella Striscia di Gaza meridionale, isolando la città di Rafah – inserita all’interno della nuova zona di sicurezza – da Khan Yunis.

Dilaga il malcontento in Israele

Che la guerra sia ormai indigesta a gran parte degli israeliani, al punto da poter spingere Netanyahu ad accettare una exit strategy dal conflitto, lo dimostra l’ennesima lettera scritta da soldati di Tel Aviv, che chiedono l’immediata fine delle ostilità.

La nuova missiva, firmata da circa 170 riservisti ed ex riservisti del programma d’élite di ricerca e sviluppo delle IDF, chiede al governo la fine della guerra, che – secondo loro – è l’unico modo per ottenere il ritorno degli ostaggi. “Salvare ostaggi civili e soldati è un imperativo morale fondamentale del sistema di valori in cui siamo cresciuti (…) La guerra attuale serve soprattutto interessi politici e personali, non reali esigenze di sicurezza”, si legge nella lettera.

Un documento che porta a ben 1.600 il numero di veterani che si oppongono a questa sanguinosa guerra, creando un grattacapo al primo ministro israeliano e ai vertici dell’esercito. Contestazioni che, l’IDF ha già fatto sapere, non saranno esenti da conseguenze: è stato infatti annunciato che i firmatari saranno licenziati.