La legge sul conflitto d’interessi torna al centro dei pensieri dei Cinquestelle. Che l’affaire dei presunti finanziamenti di Philips Morris alla Casaleggio Associati, che secondo un’inchiesta del Riformista sarebbero stati finalizzati ad ottenere un aumento dello sconto fiscale sulle sigarette elettroniche possa investire anche il Movimento è chiaro, tant’è che lo stesso Davide Casaleggio ha tenuto a chiarire che la sua azienda “non accetta ‘finanziamenti’ o ‘donazioni’, ma solo contratti a fronte di prestazione di servizi digitali e consulenza strategica nell’ambito dell’innovazione e della comunicazione digitale, ribadendo di “non aver mai chiesto nulla per i suoi clienti a eletti o governanti del M5S, mantenendo sempre una distinzione netta tra le due realtà”.
Sull’argomento è intervenuto ieri con un post sui suoi profili social il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ribadendo che “Serve in tempi rapidi una legge sul conflitto di interessi. È da 30 anni che l’Italia l’aspetta. Non possiamo più permettere che la democrazia di questo Paese sia condizionata dagli interessi di qualcuno. Dobbiamo essere attrattivi per gli investitori che creano posti di lavoro”. Secondo Di Maio, “servono credibilità e trasparenza. Dobbiamo migliorare il Paese con una legge di civiltà che garantisca i cittadini”.
In realtà quello del ministro è un “sollecito” affinché il testo base della proposta di legge sul conflitto di interessi, che è stato presentato il 30 settembre scorso in commissione Affari costituzionali della Camera, presieduta dal pentastellato Giueseppe Brescia, passi presto al vaglio del Parlamento: il provvedimento, adottato il sei ottobre dopo il confronto all’interno dei partiti della maggioranza, nonché con Anac e Antitrust, vede fissato come termine dell’entrata in vigore il 1 gennaio 2021 perché deve essere, come sottolineava a suo tempo Brescia, “una priorità”.
Il nuovo testo Il testo base – che sostituisce quasi integralmente la vigente legge sul conflitto di interessi (n. 215 del 2004, la cosiddetta legge Frattini) – reca misure più stringenti in materia di conflitti di interessi per i titolari di cariche di governo nazionale (cui sono equiparati i componenti delle autorità amministrative indipendenti), regionale e locale, amplia i casi di ineleggibilità alla carica di deputato e senatore e di consigliere regionale; prevede nuove norme in materia di ineleggibilità dei magistrati e disposizioni riguardanti il regime normativo da applicare ai magistrati che si sono candidati alle elezioni; reca una delega al Governo per la definizione di una disciplina più stringente per la prevenzione e il contrasto dei conflitti di interesse nella pubblica amministrazione, affidando all’Anac specifici poteri di intervento e sanzione.
Restano due le fattispecie principali di incompatibilità per i titolari di cariche di governo nazionali: generale e patrimoniale. Il caso più interessante è però forse quello dell’incompatibilità patrimoniale nel quale rientra la proprietà, il possesso o la disponibilità “di partecipazioni, da parte del titolare della carica, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, superiori al 2% del capitale sociale di un’impresa che svolga la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle regioni o dagli enti locali; sia titolare di diritti esclusivi o che operi in regime di monopolio; operi nei settori della difesa, del credito, dell’energia, delle comunicazioni, dell’editoria, della raccolta pubblicitaria o delle opere pubbliche”. Le dichiarazioni su reddito e cariche nelle società dei politici vengono controllate dall’Antitrust, la mancata presentazione viene punita con la reclusione da 2 a 5 anni.