Pure le grandi agenzie di rating ormai avvisano apertamente che la Banca centrale europea sta per sganciare un siluro sul sistema del credito nazionale. Secondo quanto scrivono gli esperti di Fitch in un rapporto diffuso ieri, gli istituti dovranno infatti fare i conti con una maggiore pressione da parte della stessa Bce affinché riducano i loro stock di Npl (crediti poco esigibili) nel caso tutt’altro che improbabile di una ulteriore spinta dell’Eurotower ad aumentare le svalutazioni sui prestiti.
Nello stesso rapporto si ricorda come le banche potrebbero dover svalutare interamente gli stock di Npl e non solo quelli generati dopo l’aprile 2018 come indicato in precedenza. La posizione della Bce rispetto alle banche italiane potrebbe contribuire a far progredire la riduzione degli Npl degli istituti verso medie europee perchè maggiori livelli di accantonamenti rendono più facili le vendite.
Il problema è esploso pochi giorni fa quando il Monte dei Paschi ha annunciato di aver ricevuto “raccomandazioni” da parte della Bce per raggiungere entro la fine del 2026 livelli di copertura dei suoi stock di Npl che siano conformi con la guidance che era originariamente intesa solo per i nuovi Npl generati a partire dall’aprile 2018. La Bce non ha modificato ufficialmente il suo ormai famoso Addendum sugli Npl pubblicato nel marzo 2018 e che richiede alle banche di svalutare interamente i nuovi Npl dopo due anni se il prestito è unsecured o entro sette se è secured.
“Appare che la Bce stia iniziando ad applicare questo approccio agli stock di Npl – sottolinea Fitch – come parte del suo dialogo in quanto supervisore con le banche italiane sebbene secondo un orizzonte temporale che differisce in base al livello di Npl di ogni banca e alla sua capacità di provvedervi con accontonamenti”. Ciò significa che per grandi gruppi come Intesa Sanpaolo e Unicredit l’impatto sarà limitato, ma per altri l’accelerazione degli accantonamenti ridurrà l’attività creditizia e distruggerà valore.