Il boss latitante Matteo Messina Denaro è riconosciuto tra i mandanti delle Stragi mafiose del 1992 di Capaci e via d’Amelio in cui morirono i magistrati Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Francesca Morvillo e otto agenti della scorta. A stabilirlo, nella tarda serata di ieri, è stata la Corte d’Assise di Caltanissetta condannando il boss di Castelvetrano all’ergastolo dopo una camera di consiglio durata oltre tredici ore e accogliendo la richiesta avanzata dal pm Gabriele Paci.
La sentenza riconosce il ruolo nella ‘strategia stragista’ di Cosa Nostra di Messina Denaro, come anello di collegamento tra le bombe del 1992 a Palermo, pretese da Totò Riina e gli attentati del 1993 a Firenze, Milano e Roma del 1993, volute da Bernardo Provenzano. Messina Denaro era stato già stato condannato all’ergastolo per le Stragi del 1993 ma non era mai finito sotto processo e poi condannato per le bombe del 1992 a Palermo.
“La decisione di uccidere i due giudici – ha detto il pm Paci nel corso della requisitoria – non fu un fatto isolato, ma ben piazzato al centro di una strategia stragista a cui Matteo Messina Denaro ha partecipato con consapevolezza dando un consenso, una disponibilità totale della propria persona, dei propri uomini, del proprio territorio, delle famiglie trapanesi al piano di Riina che ne fu così rafforzato e che consentì alla follia criminale del capo di Cosa Nostra di continuare nel proprio intento: anzi, piu che di consenso parlerei di totale dedizione alla causa corleonese”.
“Questa sentenza – ha commentato l’avvocato della famiglia Borsellino, Fabio Trizzino – aggiunge un ulteriore tassello, restano da ricostruire le convergenze d’interessi che causarono la stagione stragista del 1992. Messina Denaro era l’ultimo dei grandi soggetti di Cosa nostra che finora era sfuggito alle sue responsabilità e sicuramente in quel momento storico vi sono state delle situazioni in qualche modo di convergenza rispetto a questa strategia politica di Cosa nostra: adesso bisogna ricercare gli eventuali mandanti esterni”.