Le Iene tornano a occuparsi, per la terza volta, della Strage di Erba, nella quale, l’11 dicembre 2006, vennero uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini, lasciando in fin di vita il marito di quest’ultima, Mario Frigerio. Per la strage sono stati condannati, in via definitiva, i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, vicini di casa delle vittime.
Nelle scorse puntate la Iena Antonino Monteleone aveva riepilogato i punti fondamentali di uno dei casi di cronaca nera più discussi degli ultimi anni. In particolare, il 7 ottobre, l’inviato del popolare programma di Italia 1 si era soffermato su una delle prove che ha portato prima all’arresto e poi alla condanna dei coniugi Romano: la testimonianza di Mario Frigerio, l’unico sopravvissuto della strage. Nel servizio, la Iena aveva evidenziato come, negli atti, sembrassero mancare interi spezzoni di intercettazioni del Frigerio.
Nel nuovo capitolo dell’inchiesta, in onda ieri sera, la Iena ha intervistato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e il brigadiere Carlo Fadda, il carabiniere che ha trovato la macchia di sangue di Valeria Cherubini sull’auto di Olindo Romano, una delle prove che hanno portato alla condanna dei due coniugi. A Bonafede, l’inviato ha sottoposto la presunta anomalia delle intercettazioni scomparse. Come hanno documentato le Iene non c’è più traccia, infatti, delle intercettazioni ambientali fatte nel periodo in cui Frigerio era in ospedale e ricevette la visita di un neurologo che doveva verificare se fosse in grado di ricordare quanto era avvenuto la notte della strage. E mancano, soprattutto, le registrazioni dei colloqui tra Rosa e Olindo. Il ministro, interpellato sulla vicenda, si è riservato di verificare assumendosi l’impegno “nei confronti di tutti i cittadini”. Il guardasigilli ha poi aggiunto “di avere interesse affinché venga fuori la verità su questa storia”.
Al brigadiere Fadda, oggi in pensione, le Iene hanno chiesto conto dei rilievi che il militare aveva compiuto, all’indomani della strage, sulla Seat Arosa di proprietà di Olindo Romano e sull’individuazione, su un battitacco della stessa autovettura, di una macchia di sangue che dagli accertamenti compiuti corrispondeva al Dna della Cherubini. Quella macchia, stando alle indagini, non fu, tuttavia, fotografata al buio utilizzando il luminol. Alla fine dell’intervista con la Iena Monteleone il brigadiere Fadda, parlando di quella macchia, ammette qualcosa di sorprendente. “Un consiglio che io darei anche agli avvocati – ha affermato il carabiniere -, secondo me possono puntare più sull’inquinamento di quella traccia, io su quello sono d’accordo con voi, sull’inquinamento della traccia”.